Un Gelido Inverno
Ree Dolly (Jennifer Lawrence) ha diciassette anni ed è alla disperata ricerca del padre, scomparso dopo aver impegnato la casa di famiglia per pagare la sua cauzione. Se l'uomo non si presentasse al processo, la ragazza, la madre malata e i fratelli più piccoli sarebbero costretti a lasciare la casa senza sapere dove andare. Scontrandosi contro il muro di omertà, menzogne, sotterfugi e minacce innalzato dai vicini, la ragazza arriva a mettere a repentaglio la sua stessa vita pur di salvare la famiglia. Nonostante le difficoltà, comincerà lentamente a dipanare il mistero.
Il lato oscuro dell'America, soprattutto quella più povera e rurale, è
un aspetto che il cinema statunitense continua a raccontare con
un'efficacia sorprendente. “Un gelido inverno” (in originale Winter's Bone) di Debra Granik, vincitore dell'ultimo Festival del Cinema di Torino e candidato a 4 Oscar , è l'adattamento del romanzo di Daniel Woodrell scritto dalla stessa regista insieme ad Anne Rosellini:
la storia è quella della giovane Ree, diciassettenne che deve badare
alla madre malata, ai due fratellini piccoli e soprattutto deve
ritrovare il padre scomparso. Nella sua ricerca ostinata si imbatterà in
una comunità montana – l'ambientazione è l'altopiano Ozark, che si
sviluppa tra Missouri, Arkansas, Oklahoma e Kansas – ostile e violenta,
la quale non vuole che la ragazza scopra i suoi segreti più reconditi e
minacci quindi un equilibrio fondato sul sangue e il crimine.
Dramma che procede lineare ed ineluttabile, “Un gelido inverno”
fa leva prima di tutto sulla splendida e desolata ambientazione, la
quale riesce a restituire tutto l'abbrutimento e la desolazione umana in
cui si trovano incastrati tutti i personaggi messi in scena. Il senso
di degrado e insieme di minaccia magnificamente costruite dalla Granik
vengono incanalate in un'atmosfera cupa che ricorda molto da vicino un capolavoro del genere, “Un tranquillo weekend di paura” di John Boorman.
Sotto questo punto di vista quella che avrebbe potuto essere la solita
idea di messa in scena indipendente e ostentatamente “povera” si
trasforma invece grazie alla lucidità dello sguardo della regista in un
elemento fondante e fondamentale per il tono del lungometraggio e per la
sua potentissima evoluzione drammatica.
A rendere comunque “Un gelido inverno” un film in grado di svettare
sugli altri e rimanere impresso nella memoria sono le interpretazioni
dei due attori principali: la ventenne Jennifer Lawrence dimostra già una capacità di sintesi e un lavoro di sottrazione sul personaggio di efficacia inaudite. Ma il vero e proprio capolavoro di recitazione è quello che ci offre John Hawkes,
caratterista di solito usato in ruoli secondari, per figure fragili e
indifese, che nella parte di Teardrop compie una prodigiosa mutazione
trasformandosi in un uomo inquietante e spaventoso, anche se capace di
una sua personale ed etica visione del mondo.
Rarefatto e insieme granitico, poetico eppure disperato, “Un gelido inverno” è di gran lunga il miglior lungometraggio di questo primo scorcio di 2011.
Merita una visione appassionata e lontana da possibili preconcetti
sull'ormai raggiunta saturazione del cinema americano cosiddetto
indipendente: qui ci troviamo di fronte ad un'opera le cui qualità
trascendono davvero definizioni e catalogazioni.
di Adriano Ercolani