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L'America saluta House

Si chiude una serie che ha fatto epoca. Questo il nostro omaggio al più emozionante personaggio televisivo dei nostri tempi.

Dr. House finale

22.05.2012 - Autore: Adriano Ercolani, corrispondente da New York
Più della chiusura di Lost, più della fine de I Soprano o Sex & the City, la messa in onda dell’ultima puntata di House M.D. è un evento che segna la fine di un’epoca televisiva.

Questo perché Gregory House, ben oltre ogni figura apparsa sul piccolo schermo nell’ultimo decennio, si è confrontato con uno dei lati problematici, se vogliamo inquietanti, della società di oggi. E quindi di molti di noi, se non addirittura di ognuno.

Quante volte infatti più o meno consciamente abbiamo assaporato l’idea di essere i migliori in assoluto nel nostro lavoro, anche a costo di sacrificare altri aspetti fondamentali della nostra vita? Chi non si è almeno una volta coccolato con l’idea di recitare la parte del genio incompreso e maledetto, che sovverte le regole sociali e morali in nome di un fine superiore? A ben guardare, la volontà di successo professionale a costo di annichilire la realizzazione in altri campi della sfera privata è una contraddizione del pensiero contemporaneo. E nessuno meglio di Gregory House l’ha elevata a paradigma. Il percorso autodistruttivo di questo personaggio, almeno nelle prime tre stagioni della serie, è stato un viaggio inconscio dentro il lato oscuro dell’uomo di oggi che non merita di essere sottovalutato. 

Everybody Lies” era lo straordinario titolo del pilot della serie, andato in onda negli Stati Uniti il 16 novembre del 2004. Una semplice constatazione che pian piano è diventata il simbolo del carattere e dell’umanità contraddittoria ma irresistibile di Gregory House. “Everybody Dies” lo speculare e altrettanto affascinante titolo dell’ultimo episodio, appena trasmesso in America da Fox. In questi otto anni, nelle 176 puntate andate in onda, abbiamo parteggiato per una personalità che, ammettiamolo, odieremmo nella vita reale. Non tutte le stagioni sono state all’altezza delle prime: il confronto con la lunga serialità e con una popolarità che probabilmente è andata ben oltre l’immaginabile hanno portato a una definizione del personaggio man mano più edulcorata nelle sue componenti psicologiche più aggressive e drammatiche. Allo stesso modo non tutte le figure di contorno sono state azzeccate, come dimostra la lunga sequenza di cambi nel cast avvenuta negli ultimi anni. Insomma, anche se House M.D. non è stata la serie TV più riuscita della storia recente, l’impatto che il suo protagonista ha avuto sull’immaginario collettivo ha comunque segnato in maniera indelebile questi anni di televisione. E questo grazie soprattutto alla finezza di Hugh Laurie, che ha nutrito un ruolo così complesso con una sensibilità di rarissima efficacia, soprattutto se si pensa la sua distribuzione se un arco di tempo così grande. A questo attore sublime più di tutti va il nostro commosso ringraziamento. Due Golden Globe conquistati e altre quattro candidature consecutive sono lì a testimoniare la longevità e l’accuratezza del suo lavoro sul personaggio. Accanto a lui merita a nostro avviso una segnalazione l’astro nascente di Olivia Wilde, che nelle stagioni in cui ha interpretato la problematica Thirteen ha innalzato l’interesse e la fattura della serie.

Come faremo adesso senza più casi impossibili ma soprattutto senza dilemmi morali ed esistenziali da risolvere? Col bastone variopinto, il flaconcino di Vicodin e la palla da baseball di spugna, Laurie è stato il nostro compagno ideale per tutto questo tempo, l’outcast più seducente e corrosivo, l’antieroe “dannato” che per salvare il prossimo ha dovuto necessariamente distruggere se stesso e ferire chi gli stava intorno.

L’episodio che abbiamo amato su tutti? “All in” andato in onda nella seconda stagione, in cui House risolve un caso e insieme fa i conti con un insuccesso del passato, il tutto con le carte da poker in mano. La battuta che ci rimarrà impressa per sempre? Prima stagione, episodio “DNR”. Dopo aver salvato un grande jazzista paralizzato, quest’ultimo gli chiede perché si droghi col Vicodin.
Soffro molto.” risponde sincero House.
Lo so. E’ un male comune.” Sentenzia l’altro.

Questo è stato House M.D., lo specchio dolente e contraddittorio della nostra condizione.