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L'ora del tè

È tempo di Inghilterra. Tra Downton Abbey e Upstairs Downstairs la serialità si serve in guanti bianchi alle cinque in punto.

downton abbey

18.08.2011 - Autore: Valeria Roscioni
Signori, il tè è servito. Con pasticcini avvelenati se si guarda a Gosford Park e alla sua morte misteriosa, al latte quando le tazze sono quelle della romantica Downton Abbey, nero e deciso se nelle vicinanze c’è il personale scelto da Rose Buck per il 165 di Eaton Place di Upstairs Downstairs. Solo per amanti dello stile british. Un film e due serie i cui natali sono legati a doppio filo e il cui successo parla di un pubblico del piccolo schermo che nelle immagini televisive cerca e pretende la magnificenza e la perfezione del cinema.

Soprattutto perché questa volta l’idea è made in serial. Il Gosford Park di Robert Altman, infatti, deve la sua creazione alla passione del regista per una serie degli anni Settanta dal titolo Upstairs Downstairs, di cui la BBC ha di recente mandato in onda un omonimo remake. Nel frattempo, però, la voglia di tempi narrativi più dilatati ha colto anche lo sceneggiatore della pellicola, Julian Fellowes, che per la TV inglese ha creato Downton Abbey. Ed eccoci al trittico iniziale. Un lungometraggio e due produzioni seriali che dividono un elegante casa padronale su più piani tra nobiltà e servitù invitando gli spettatori ad entrare a far parte di un mondo di cui ormai abbiamo perso le tracce.

Il suolo di Downton Abbey è quello della residenza in campagna dei Crawlay, nobili decaduti sull’orlo della bancarotta se una delle figlie non mariterà al più presto, l’atmosfera è quella romanticamente altolocata dei classici inglesi: il Titanic affonda, Maggie Smith recita, le fanciulle sospirano e la servitù spettegola impettita mentre i padroni tentano di salvare onore e decoro. Diversa è invece l’aria che si respira nella città che prende vita nel nuovo Upstairs Downstairs dove Londra è in fermento, il mondo sull’orlo del primo conflitto mondiale, e la politica ha intriso ogni cosa mentre il re Edoardo VIII dà scandalo accompagnandosi alla divorziata Wallis Simpson. Non c’è posto per il mondo dorato della famigliola elegante in cui la polvere sotto i tappeti è nascosta così bene da far sembrare tutto pulito. Il Novecento sta guastando tutto, gli scandali e il sesso si sussurrano solo per forma ai piani alti mentre dabbasso, le remore si assottigliano per far posto al gossip, in questo modo gemellato alla politica.

Non importa che si preferisca la dolcezza dei sentimenti o l’austera analisi sociale, ciò che conta è che ricostruzione ed interpretazioni non temono il confronto con una pellicola candidata a ben sette Premi Oscar. Il sapore si reitera nelle papille gustative ed è una gioia.
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