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IMI 8744: per non dimenticare la storia

Sembra un codice, invece è il titolo di un documentario che racconta la drammatica esperienza degli militari italiani internati nei campi di lavoro tedeschi durante la seconda guerra mondiale

IMI 8744

12.04.2007 - Autore: Francesca Binfaré
IMI 8744 sembra un codice e invece è il titolo di un documentario che racconta la drammatica esperienza degli militari italiani internati nei campi di lavoro tedeschi durante la seconda guerra mondiale, in onda in prima visione il 17 novembre alle 22.00 su History Channel (canale 406 di Sky).
Perché, allora, proprio “IMI 8744”? Perché il documentario (di Alessandro Di Gregorio ed Emiliano Sacchetti, prodotto da Alhambra Factory) prende spunto dall’iniziativa di un professore di storia di un liceo tedesco che ha voluto raccontare la storia degli IMI, gli internati militari italiani deportati nei campi di lavoro tedeschi all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943; 8744 è il numero assegnato ad uno degli internati, Anselmo Mazzi, aretino, che trascorse quasi due anni nella fabbrica di Gersthofen e che, nonostante il ferreo divieto di scrivere, riuscì a tenere un diario utilizzando carta riciclata, stracci e altri improbabili supporti.

In questo docu-fiction, cioè documentario ‘romanzato’, si integrano scene dal vero e ricostruzioni realizzate ad hoc, nel rispetto della veridicità storica e dei fatti. Il professor Bernhard Lehmann è il protagonista attraverso il quale trovano voce un liceo tedesco e i suoi studenti, che hanno rintracciato i sopravvissuti ai campi di lavoro di Gersthofen, località nella quale si trovavano alcune fabbriche tedesche riconvertite alla produzione bellica. Una troupe ha seguito il professore nel suo racconto attraverso luoghi e personaggi, partendo dal 3 settembre 1943, quando l’Italia firmò l’armistizio con gli Alleati, scatenando la reazione tedesca. Dopo quasi due anni di prigionia, dei 550.000 italiani internati oltre 50.000 morirono in Germania, mentre altrettanti morirono in Italia per le conseguenze delle malattie contratte durante l’internamento.

Nell’agosto del 2000 è stata istituita in Germania la “Fondazione Memoria, responsabilità e futuro” che ha il compito di gestire un programma di indennizzo a livello mondiale di ex lavoratori forzati e altre vittime del regime nazionalsocialista: un anno dopo la sua costituzione, le autorità di Berlino hanno stabilito che gli Internati Militari Italiani non hanno diritto ai risarcimenti stanziati per gli schiavi del nazismo perché considerati prigionieri di guerra e non lavoratori coatti. Grazie però al professor Lehmann, la storia degli IMI è tornata a galla, e i suoi studenti hanno loro dato un risarcimento simbolico.

Il percorso è stato tutt’altro che semplice, prima con la fase di ricerca dei nomi degli IMI e poi con l’organizzazione di manifestazioni e concerti con cui raccogliere fondi per risarcire, simbolicamente, gli internati di Gersthofen. Dopo mesi di lavoro, Lehmann è riuscito a raccogliere quasi 60.000 euro. I primi reduci a rientrare a Gersthofen furono degli ex internati ucraini; tra loro, anche due sorelle che, separate durante l’internamento, riuscirono a riabbracciarsi dopo oltre 50 anni .Il professor Lehmann ha poi contattato sia i reduci che le Istituzioni italiane, spiegando loro il significato della sua iniziativa, consegnando un simbolico assegno di 750 euro e porgendo loro le scuse a nome del suo Paese.

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