Unbroken
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Le mille e una vita di Louis Zamperini

Eroe di guerra e sportivo dotato, nel suo rapporto con fede e radici il segreto della sua resistenza

23.01.2015 - Autore: Mattia Pasquini
"L'indistruttibile" Louis Silvie Zamperini, l'uomo delle tante sfide - tutte vinte - e dai pochi - fondamentali - ripensamenti, è l'ennesimo italo americano da leggenda nella storia degli Stati Uniti. Quella passata, ovviamente, che certe figure sembrano poter appartenere solo a una dimensione mitica e non trovar posto ormai nelle cronache moderne, almeno non senza diventare ospiti televisivi o promotori della propria immagine. A venderci la sua ci ha pensato oggi Angelina Jolie, che nel suo Unbroken mette in scena i 'dieci anni che sconvolsero il mondo', almeno quello del giovane Lou, la cui vita merita però un excursus ben piu' ampio di quello condensato sul grande schermo.

Ormai sappiamo delle sue gesta sportive, aeree e marittime e della sua lunga prigionia, ma prima di arrivare al momento della sua scomparsa - avvenuta il 2 luglio del 2014, a 97 anni, per una polmonite - vale la pena partire dal principio. Dalla sua nascita, il 26 gennaio 1917 a Olean nello stato di New York, dagli immigrati italiani Antonio e Luisa da Castelletto di Brenzone (Verona). Nel film lo vediamo al desco familiare ricevere gli insegnamenti - che lo guideranno per tutta la vita - di onore, giustizia, solidarietà. E che sin dall'infanzia gli fecero sopportare il bullismo dei compagni di scuola, pronti ad accanirsi sul piccolo italiano ribelle trasferitosi sulla West Coast, e in cerca di qualcosa su cui convogliare la propria rabbia.

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La pista d'atletica - scolastica, in primis - fu dove il quindicenne Louis iniziò a trovare la strada che lo avrebbe fatto arrivare tanto lontano. Mai sconfitto negli ultimi tre anni di High School, la sua tenacia e resistenza divennero le armi con le quali superare tutti i record, del fratello (che lo aveva portato nel Team inizialmente, essendone una delle stelle, per tenerlo lotano dai guai) e della categoria, e raggiungere la celebre Università UCLA. Un trampolino, verso le storiche Olimpiadi del 1936, quelle di Jesse Owens, e dello smacco per l'ariano Hitler, consolatosi con il giro più veloce del giovane statunitense caucasico arrivato ottavo sui 5000 metri piani. Un incontro che si trasformò presto in uno scontro, come vediamo nella trasposizione cinematografica della biografia di Zamperini, 'Sono ancora un uomo. Una storia epica di resistenza e coraggio' di Laura Hillenbrand, con la partecipazione del nostro eroe alla Seconda Guerra Mondiale come aviatore, vero punto di svolta della sua esistenza.

Quando, infatti, il bombardiere B-24 'The Green Hornet' precipitò in mare, al largo delle Hawaii, il 27 maggio del 1943, Lou si ritrovò con soli due superstiti degli undici dell'equipaggio alla deriva nell'Oceano Pacifico. Con Russel Allen Phillips e Francis McNamara condivise una lunga agonia, la fame, la sete, la disperazione e i costanti pericoli derivanti da tempeste e squali. Ma al quarantesettesimo giorno arrivarono solo lui e uno dei due piloti, 'Phil', e solo per essere catturati dal nemico giapponese che li tradusse in un campo di lavoro dell'esercito imperiale gestito dal temibile Mutsuhiro "Bird" Watanabe. La pagina più dura, probabilmente, di una vita che lui per primo non avrebbe mai pensato potesse offrirgli tanto, nel bene e nel male.

Per non rovinarvi la sorpresa, affidiamo la ricostruzione di quei giorni drammatici, dei soprusi e delle angherie, delle torture fisiche e psicologiche, alla magia del grande schermo. Sul quale però non hanno trovato posto i successivi sessant'anni (o quasi) della vita di un uomo tutto di un pezzo, ma capace anche di cambiare idea. Non sui suoi principi o sui suoi affetti - in primis per la moglie, rimasta al suo fianco dal 1946 al 2001 - quanto sulla religione cattolica, affrontata con scetticismo da giovane e a lungo rifiutata, fino al 1949, quando per accontentare la sua Cynthia la accompagnò a uno dei raduni dell'evangelista Billy Graham, restandone folgorato.

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Gli ultimi anni della sua vita furono così dedicati a predicare - in prima persona, e percorrendo gli Stati Uniti - la forza positiva dell'amore e del perdono. E non solo con la parola, ma con l'esempio. Come quando, nell'ottobre del 1950, si recò in Giappone per incontrare e abbracciare molti dei criminali di guerra che aveva avuto come aguzzini, ancora imprigionati a Tokyo. Molti, ma non tutti; ché il crudele 'Bird' gli si rifiutò sempre, fino alla morte avvenuta nel 2003. Tutt'altra compagnia rispetto a quella di Brangelina, la regista del film che oggi celebra la figura di un uomo normale, ma non così normale, poco dopo la sua scomparsa e che la ringraziò a lungo di tanta attenzione, oltre che del grande affetto dimostratogli, e che gli fece dichiarare in più occasioni: "La tipa mi vuole davvero bene, mi abbraccia e mi bacia, non posso proprio lamentarmi!".



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