Torino Film Festival 2014
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Gemma Bovery – La recensione da Torino

La vita imita l'arte nel nuovo film di Anne Fontaine, tratto da un fumetto di Posy Simmonds e interpretato da una sensualissima Gemma Arterton

Gemma Bovery

22.11.2014 - Autore: Marco Triolo
“A volte, la vita imita l'arte”. Sono le parole pronunciate dal fornaio Martin Joubert (Fabrice Luchini) in Gemma Bovery, il nuovo film di Anne Fontaine interpretato da Gemma Arterton, che ha aperto ieri sera il 32° Torino Film Festival. Sono anche parole ingannatrici, perché in realtà – per quanto le somiglianze tra arte e vita siano al centro del film – la morale è che la vita è troppo complessa e imprevedibile per essere categorizzata secondo modelli certi.

Si tratta di un tema certamente interessante, ma che deriva in gran parte dal fumetto originale di Posy Simmonds (anche autrice di Tamara Drewe, da cui è stato tratto un film di Stephen Frears sempre con Gemma Arterton). Anne Fontaine ci mette di suo l'animo francese nella messa in scena: bellissimi e pacifici scenari naturali (la storia è ambientata in Normandia, vicino a Rouen) contrastano con le turbolenze interiori dei protagonisti. La cifra è messa subito in chiaro da Joubert, che appare a inizio film per dire: “Come tanti parigini idioti sono venuto qui per cercare la tranquillità. Tranquillità un corno”.

Il titolo rimanda ovviamente al testo seminale di Gustave Flaubert: Joubert diventa a poco a poco ossessionato da Gemma e suo marito Charlie (Jason Flemyng), perché non solo la coppia condivide il cognome e i nomi con Emma e Charles Bovary, ma le loro vite sono spaventosamente simili a quelle dei personaggi di Flaubert, e per giunta tutto si svolge nei pressi di Rouen, come nel romanzo. Joubert teme che alla fine Gemma si toglierà la vita come la sua controparte letteraria. Non aiuta il fatto che l'uomo sia chiaramente annoiato dalla sua vita e nutra un'incontrollabile ossessione sessuale nei confronti di Gemma. Come si diceva, però, la vita non è mai semplice come l'arte e le cose non andranno proprio come Joubert immagina.

Il problema di Gemma Bovery, dunque, non sta nelle idee rimescolate tra Flaubert, Simmonds e Fontaine, quanto nella sceneggiatura, che a un certo punto inizia a latitare. Fino a che il film non viene retto dalla sola carica sessuale di Gemma Arterton, un vero magnete capace di elevare e distruggere le vite degli uomini che le stanno accanto. Il finale, in cui assistiamo al confronto tra questi uomini, è potenzialmente intrigante, ma viene reso in maniera piatta e scade nel ridicolo involontario. Peccato perché di buone idee ce ne sono, in Gemma Bovery, ma forse con una maggiore attenzione in fase di scrittura e sfruttando pienamente la sensualità debordante della protagonista, ne sarebbe potuto uscire qualcosa di molto più divertente.

In uscita a gennaio 2015, Gemma Bovery è distribuito in Italia da Officine Ubu.