Festival Roma 2014
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Viaggio nel dolore infantile con il regista di Amélie

Jean-Pierre Jeunet al Festival con l'universo drammatico e fantasy di T.S. Spivet

Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet

Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet

18.10.2014 - Autore: Alessia Laudati
Una favola filantropica sulla necessità di ascoltare i bambini in quello che è sempre e comunque un mondo dominato dalla forza dell’adultocrazia. Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet di Jean-Pierre Jeunet, piega l’animismo magico del regista di Il Favoloso Mondo di Amélie a due nuovi elementi narrativi.
 
Primo, il protagonista. Non si parla più di adulti che sognano ad occhi aperti come bambini, ma di bambini in carne e ossa che affrontano le molteplici sfide della vita. Secondo, il film segna l’uscita del regista da un universo prevalentemente cittadino, per confrontarsi con lo scenario naturalistico della provincia americana. Jeunet, come di consueto, fa correre paralleli i piani della fantasia e della realtà potendo questa volta giocare con il mezzo del 3D
 
T.S. Spivet è un bambino di dieci anni che vive con la propria famiglia nella campagna del Montana. Una vita bucolica segnata da una natura sensuale, che nell’immaginario di Jeunet prende vita come gli oggetti comuni della casa di Amélie Poulain. Appassionato di scienza, il piccolo Spivet è un genio in erba che viene prima ignorato per le proprie capacità dalla maggioranza della famiglia, e poi sfruttato dal mondo scientifico. L’atteggiamento schizofrenico da parte degli adulti è il pretesto narrativo che dà vita a un isolamento stralunato del protagonista, degno del mondo visivo del regista francese. L’universo di Jeunet è qui doppiamente brulicante sia di meccanicismo, le invenzioni fantasiose del piccolo Spivet, sia di realismo, la natura animista e sensuale del Montana. 
 
Il film, tratto dal romanzo Le mappe dei miei sogni di Reif Larsen, sembra sottolineare con la forza del 3D come l’immaginario dei bambini, molto più vivido di quanto ogni adulto possa solamente ipotizzare, debba necessariamente trovare un canale di comunicazione con l’esterno. Questa volta il regista, oltre a confermare la capacità estetica di percorrere il confine tra sogno e realtà, alza il tiro della propria asticella personale raccontando un dramma di lutto famigliare. Ne emerge un lavoro apprezzabile e una pellicola ricca di umanità che rinnova, con uno stile estetico sempre unico, il filo comunicativo con il mondo dell’infanzia che risiede in ciascuno di noi.