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Index Zero: la fantascienza made in Italy è possibile

Il film di Lorenzo Sportiello dimostra come anche noi siamo in grado di competere col resto del mondo. Basta volerlo

Index Zero

23.10.2014 - Autore: Marco Triolo
Vedere Index Zero di Lorenzo Sportiello è una di quelle esperienze che scalda il cuore e allo stesso tempo fa innervosire. Spieghiamoci meglio: Index Zero è un film di fantascienza distopica italiano, una cosa rarissima ai giorni nostri. Diciamo pure unica? Diciamolo. Ma allora perché fa innervosire? Non per colpa sua, ma per quello che implica sul resto della nostra produzione: perché Sportiello, con un budget sicuramente buono ma non altissimo, cura alla perfezione tutto quello che andrebbe curato non solo nel cinema di genere ma nel Cinema in generale: fotografia, sound design, montaggio impeccabili. Impeccabili. Ed è quasi tutto opera di italiani. Come a dire: non è vero quello che ci raccontano, che non abbiamo i mezzi tecnici o le maestranze necessarie per alzare il livello della post-produzione allo standard del resto del mondo. Ce li abbiamo eccome. Solo che non abbiamo voglia.

 
Forse l’unica vera pecca di Index Zero è la sceneggiatura – scritta da Sportiello e Claudio Corbucci – che si accartoccia su se stessa in un secondo atto ripetitivo e un po’ stantio, salvo riprendersi alla grande nel finale. Un po’ più di pulizia l’avrebbe resa più efficiente e all’altezza dell’ottima idea del soggetto. Perché Index Zero inizia che sembra un mix tra Mad Max e The Road ambientato nel classico deserto post-atomico, ma poi cambia repentinamente quando i due protagonisti (Ana Ularu e Simon Merrells) raggiungono la frontiera degli “Stati Uniti d’Europa”. Da lì diventa una metafora sul tema dell’immigrazione e una riflessione su uno dei nostri possibili futuri. Il titolo, infatti, si riferisce all’indice di sostenibilità su cui si basa la società futura: l’empatia umana non rientra più nell’equazione, l’individuo conta meno della sopravvivenza della specie e l’unico modo per assicurare quest’ultima è evitare lo spreco di risorse. La forza del film sta nel non demonizzare chi fa parte del sistema, un livello di ambiguità che permette una riflessione non da scherzo: siamo sicuri che si tratti di crudeltà? O forse è l’unico modo per salvare il pianeta dalla catastrofe? Certo, il finale sembra schierarsi dalla parte dei singoli, ma la complessità del discorso rimane.

 
Girato in inglese (anche perché co-prodotto dal Regno Unito) come i migliori prodotti da esportazione spagnoli e francesi, Index Zero non ha nulla da invidiare a nessuno, eppure per ragioni largamente incomprensibili sarà etichettato da noi come un “interessante esperimento”, anziché come l’apripista che dovrebbe essere. Sportiello dimostra comunque che, volendo, le risorse per far rinascere un’industria del cinema seria ci sarebbero tutte. Bisogna solo smetterla di piangersi addosso.
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