Festiva del Cinema di Venezia 2015
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L'attentato a Rabin nel nuovo film di Amos Gitai: "Guardare al passato per costruire il futuro di Israele"

Un'opera monumentale e densissima, tra fiction e documentario, per ricostruire l'impatto della morte del premier in Rabin, the Last Day

Rabin, the Last Day - Venezia

07.09.2015 - Autore: Marco Triolo (Nexta), da Venezia
Amos Gitai lascia il segno al Lido di Venezia, dove ha avuto luogo l'anteprima del suo nuovo film, Rabin, the Last Day, resoconto della giornata che avrebbe cambiato per sempre la storia di Israele e del processo che ne conseguì. L'attentato al primo ministro Yitzhak Rabin, avvenuto la sera del 4 novembre 1995, durante un comizio per la pace nella regione, segnò il momento esatto in cui la possibile risoluzione di uno dei conflitti più dolorosi del Ventesimo Secolo divenne improvvisamente lontana e improbabile. "Quei tre proiettili avrebbero cambiato il destino del nostro Paese - riflette Gitai in conferenza a Venezia - Oggi siamo in un punto molto basso e dobbiamo tenere vivo il ricordo di Rabin. Non per motivi nostalgici ma perché, forse, in un presente così cupo non resta che guardare al passato per trovare una strada verso il futuro".



Rabin, the Last Day prende una strada che sempre più spesso viene scelta dai registi di oggi, quella di fondere fiction e documentario nel ricostruire un evento di grande impatto storico. Lo ha fatto Sokurov con il suo Francofonia, anch'esso alla Mostra, ma Gitai porta tutto a un gradino superiore: Rabin dura due ore e mezza, è un'opera monumentale e densissima, è puro cinema. Gitai riconosce il precedente di JFK - Un caso ancora aperto, opera con cui Oliver Stone disse la sua sull'attentato a Kennedy: "Stone invocò l'idea di una cospirazione, ma per me non ci fu cospirazione nella morte di Rabin. Era scritto, c'era un generale incitamento a destabilizzare il governo, ma siccome il primo ministro era una persona integerrima, hanno dovuto ucciderlo". "Rabin aveva grande carisma - continua - ma non un carisma dovuto all'arroganza, bensì alla sua semplicità. Viveva in un appartamento umile, era a contatto con l'uomo della strada e con la dimensione storica di Israele. Non volevo affidare il suo ruolo a un attore. Rabin è allo stesso tempo il centro del film e un buco nero, e così abbiamo lavorato intorno alla sua figura con grande lavoro di ricerca e scrittura".



Il pensiero, infine, va a un'attualità che non sembra destinata a tornare sui binari segnati dagli sforzi per la pace di Rabin e del suo vice Shimon Peres: "Israele non è un progetto religioso, è un progetto politico. Quando un progetto è politico, si deve cercare di adattarlo alla realtà. Quando è religioso, si finisce inevitabilmente a estremizzare tutto. Raccomando ai politici israeliani di rimanere all'interno del progetto politico e riconoscere i nostri vicini nel Medio Oriente, anziché ignorarli".

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