Festiva di Cannes 2018
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Intervista a Christopher Lambert, Highlander passa al lato oscuro nei panni del nazista

L'attore presenta a Cannes il dramma Sobibor e riflette sul ruolo di Connor MacLeod: "Sono otto anni che Hollywood prova a rifarlo, buona fortuna a loro!"

14.05.2018 - Autore: Pierpaolo Festa, nostro inviato al Festival di Cannes
Cannes - Per alcuni è Christopher Lambert, per molti di più sarà sempre Highlander. Questo nonostante una carriera di quaranta anni, nel corso dei quali ha interpretato almeno un ottantina di film. "Ottantacinque, titolo più, titolo meno" risponde l'attore quando Film.it lo incontra nei meandri dell'Hotel Majestic sulla Croisette per parlare dei suoi nuovi progetti, di quelli del passato mai invecchiati e del modo in cui Hollywood sta cercando a tutti i costi di rifare il suo film più famoso. "Sono otto anni che vogliono rifare Highlander e non ci riescono. Lo capisco, devono trovare un nuovo protagonista, devono trovare un nuovo Sean Connery e anche musicisti memorabili come i Queen. Buona fortuna a loro!". Lambert conta con le dita le sfide di questa impresa insormontabile e conclude la sua frase con il più beffardo dei sorrisi. Come dargli torto del resto? 

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L'attore è arrivato al mercato di Cannes 71 per presentare Sobibor, dramma basato sulla vera storia di un gruppo di prigionieri ebrei che si ribellarono ai nazisti fuggendo da uno dei campi di concentramento in Polonia. Sullo schermo indossa una divisa nazista ma il suo ufficiale delle SS ha un cuore (dopotutto si tratta di Christopher Lambert, deve essere buono, almeno un po'): "Non è né buono, né cattivo. E' un uomo che non ha avuto il coraggio di dire no al padre antisemita quando quello lo ha mandato in guerra. Non uccide nessuno direttamente, ma sa bene cosa accade nelle camere a gas. Si sente intrappolato nella sua posizione: non può disobbedire agli ordini perché altrimenti lo ucciderebbero. E non può nemmeno schierarsi dalla parte degli ebrei, perché lo ucciderebbero anche in quel caso". 


 
Che effetto fa ritrovarsi con la divisa nazista addosso?
Non è affatto piacevole indossarla. Ma dato che interpreto un uomo che si tortura nell'animo, allora non sentirmi a mio agio con addosso quella divisa mi ha aiutato tantissimo. Il mio personaggio si interroga sul suo lavoro e sulla sua posizione: "che diavolo ci faccio qui?" si chiede costantemente.  

Dopo ottantacinque film, come mai il ruolo del nazista proprio adesso?
Ho pensato a mio padre, al periodo in cui ha combattuto in guerra sotto Charles de Gaulle. Lui era un soldato della marina. Ed era ebreo. Mi sono chiesto: "sarebbe orgoglioso di me se fosse ancora vivo?". La storia di questo film è importante e interessante, ecco perché l'ho scelta. A questo punto della mia carriera io non avrei più bisogno di lavorare, ma non voglio fermarmi. Quindi meglio scegliere film che mi piacciono e catturano il mio interesse. Specialmente quando sai già che ti ritroverai a girare alcune scene alle cinque del mattino, con una temperatura sotto zero!

Poco fa diceva che il suo personaggio si chiede "che diavolo ci faccio qui?". Si è mai posto veramente questa domanda su uno dei set in cui ha lavorato?
E' successo una volta, ma non vi dirò di quale film si trattava. Non voglio creare problemi al regista di quel film, però ricordo di essermi posto quella domanda già dalla prima settimana di riprese. E per tutte e sedici le settimane di lavorazione. Più andavamo avanti, più vedevo che il film crollava da dentro. Ho cercato il più possibile di tenere la troupe unita. E' stata una delle esperienze più dure della mia carriera. 

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Negli anni Ottanta e Novanta lei era uno dei più ricercati a Hollywood. Ripensando a quei giorni, come vede quel periodo e l'alternare progetti come Highlander a b-movie action-fantascientifici? 
Nel giro di quindici anni ho interpretato quattro film di Highlander e tra un film e l'altro cercavo altre cose da fare a Hollywood. Per me era una cosa fondamentale, perché altrimenti sarei rimasto intrappolato per sempre nel ruolo di Highlander come è successo a Adrian Paul, il tizio che ha interpretato la serie TV tratta dalla saga e poi è sparito. 

Le è mai capitato di odiare Connor MacLeod?
Odiare mai, ma dopo il quarto film sentivo che avevo chiuso con la saga. Sul set dei primi tre film facevo praticamente tutto io senza ricorrere alla controfigura per le scene d'azione; nel quarto film invece ho chiesto di essere sostituito per gli stunt. Questo perché non mi piaceva più girare le scene dei combattimenti con la spada. Ho interpretato quel ruolo perché mi interessava esplorare il lato romantico dell'immortalità. L'azione non era una priorità, non lo è mai stata.  Highlander è riuscito a conquistare ben tre generazioni di spettatori: ancora oggi ci sono ragazzini di dodici anni che mi fermano e mi chiedono del film. 

Stiamo parlando del suo lavoro più grande che l'ha resa una superstar. Ha perso la testa all'epoca a causa del successo enorme del film?
Mai. La cosa più importante quando si diventa famosi è rimanere sempre la persona che eri prima. Non fare finta di essere qualcun'altro. Ho tenuto i piedi per terra. Cambiare per diventare qualcun altro vuol dire sprecare tempo. Meglio rimanere sé stessi.  


Negli anni Novanta ha rifiutato la serie di Highlander. Oggi interpreterebbe una serie TV?
All'epoca dissi di no alla serie perché non volevo lavorare in televisione, mi limitai a fare un cameo. Oggi è diverso: la scrittura dei progetti, il modo di filmarli e l'intero valore produttivo che ottieni in televisione sono una cosa incredibile. Sono seriamente preoccupato per l'industria cinematografica a causa dello spreco enorme di denaro: oggi, infatti, è impossibile fare un film d'azione con meno di 200 milioni di dollari. E anche quando spendi quella cifra non sempre riesci a sorprendere il pubblico e offrirgli un'ottima storia. Guardo le piattaforme streaming, credo che la maggior parte dei prodotti che vediamo su Netflix o Amazon siano di ottima qualità e si tratta sempre di investimenti mirati che vanno a buon fine.  
 
C'è ancora un ruolo che vuole esplorare nella sua carriera?
Mi piacerebbe fare un gangster. 

Lo ha già fatto ne Il siciliano.
Salvatore Giuliano era diverso: uno che si schierava contro tutti i potenti. Diceva che non avrebbe fatto parte della Chiesa, dei ricchi e della mafia. Oggi vorrei fare un gangster moderno: potrebbe essere chiunque, un hacker che attacca le banche. Potrebbe perfino essere un primo ministro. I politici sono i più grandi gangster e la fanno sempre franca. 


 
Parliamo del suo lavoro in Italia. Che ricordi ha di Nirvana
Uno dei miei film preferiti! Gabriele Salvatores è un genio. Un visionario. Ha anticipato i tempi: il film parla di realtà virtuale, di persone il cui cervello viene letteralmente fritto se perdono il contatto con la realtà. Era il 1997, ha anticipato perfino Matrix. Quella è stata una delle più belle esperienze della mia vita. 

Tornando a Highlander, è ancora in contatto con Sean Connery?
L'ho visto qualche anno fa. Stavo cenando su una barca alle Bahamas e improvvisamente guardando fuori da un oblò ho visto la faccia di Sean Connery su uno yacht. Non ci credevo. Ho chiesto al capitano della barca di avvertirlo. Lui mi ha risposto: "sto cenando ma vieni a trovarmi sulla mia barca". Ci siamo ritrovati e divertiti. Oggi Sean si è ritirato. Vuole rimanere fuori dal radar: giocare a golf e rilassarsi. 

E lei non vuole giocare a golf e rilassarsi?