Biennale Venezia 2014
NOTIZIE

Venezia: “La morte dei Top Gun” in Good Kill di Andrew Niccol

Delude il film sulla guerra dei droni interpretato da Ethan Hawke

Good Kill

05.09.2014 - Autore: Marco Triolo, da Venezia
Cos'è successo a Andrew Niccol? Lo sceneggiatore di The Truman Show e regista di Gattaca e Lord of War non sembra aver esaurito le idee, ma perso la capacità di declinare queste idee in un film di senso compiuto. Dopo l'enorme spreco di potenziale di In Time, eccolo tornare “sul luogo del delitto” con un secondo film che parte bene e si perde completamente durante la strada.

Good Kill, che lo vede collaborare nuovamente con Ethan Hawke, vorrebbe essere una riflessione sulla guerra a distanza operata dai piloti di droni, il tema intorno a cui avrebbe ruotato il potenziale Top Gun 2. E il parallelismo non è del tutto sbagliato: trent'anni fa la guerra si faceva ancora fisicamente, magari non sul campo di battaglia ma nei cieli, a bordo dei caccia. Oggi invece basta muovere un joystick e premere un bottone. Hawke interpreta Tommy Egan, ex pilota che vorrebbe tanto tornare a combattere per davvero, perché guidare un drone dal deserto del Nevada e colpire obbiettivi in Afghanistan lo fa sentire un codardo. E finché il film parla di questo, funziona abbastanza: è facile comprendere il punto di vista di un soldato che si sente codardo perché non mette a rischio la propria vita sul campo di battaglia. Magari si può non essere d'accordo ma è un punto di vista comprensibile. Come ha spiegato l'attore all'incontro con la stampa: “Tommy in questo modo perde la capacità di distinguere giusto e sbagliato. Un tempo il campo di battaglia era lontano da casa e c'era tempo per la decompressione. Oggi la decompressione non esiste più, e questo crea caos nella sua mente”. “I droni sono la morte dei Top Gun – interviene Niccol – e personaggi come Tommy sono ormai una cosa del passato”.

Il problema è che lo studio del personaggio non è l'unico obbiettivo del film: Niccol vorrebbe fare un discorso più ampio sul programma dei droni e sembra criticarlo per tutto il film salvo cambiare idea all'ultimo minuto. In un finale che cozza fortemente con il resto della pellicola, il regista pare volerci dire che sì, il programma dei droni può essere giustificabile se lo si usa nel modo giusto. Non è questa l'intenzione di Niccol, come ha ampiamente spiegato poi, ma purtroppo la sua vera intenzione non viene fuori dal film. “Non volevo prendere una posizione. Non esistono giusto o sbagliato. Certo, non condono l'azione che fa Tommy alla fine, ma è una cosa plausibile. Molti ex piloti di droni mi hanno detto che gli sarebbe piaciuto agire come il personaggio del mio film”. “È un nuovo tipo di arma efficace e come ogni arma solleva questioni morali – gli fa eco Hawke – L'esoscheletro del film è politico, ma il cuore sono queste persone messe in questo tipo di situazione. Si tratta della prima generazione di soldati ad affrontare questo tipo di questioni”.

Il film avrebbe anche dei buoni spunti, come l'idea di riprendere il Nevada dall'alto esattamente come l'Afghanistan visto dall'occhio dei droni, un parallelismo agghiacciante. O l'idea di ambientare la storia a Las Vegas, città-giocattolo che include pezzi di Parigi, Venezia e persino New York – a indicare che per gli americani il mondo inizia e finisce a casa loro. Ma è tutto troppo sottolineato, retorico, persino urlato in certi casi. C'è del buono in Good Kill, ma poi purtroppo arriva il resto del film.