Biennale Venezia 2014
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Birdman – La nostra recensione

Inarritu ci porta in viaggio nella mente umana insieme a un grande cast guidato da Michael Keaton

Birdman

27.08.2014 - Autore: Marco Triolo, da Venezia
Togliamoci subito il sassolino dalla scarpa: Birdman non è una commedia. È stato pubblicizzato come tale, soprattutto per la presenza contrastante di Alejandro Gonzalez Inarritu, regista messicano che ha fatto della tragedia il suo marchio di fabbrica con pellicole come 21 grammi, Babel e Biutiful. L’idea che Inarritu si fosse finalmente deciso a realizzare qualcosa di diverso stuzzicava molti. Birdman è effettivamente qualcosa di diverso, ma questo non basta a qualificarlo come una commedia.

Inarritu se mai usa elementi di commedia per parlare di una tragedia. Umana, personale, di carriera. La storia è quella di Riggan Thomson, un attore famoso, in passato, per il ruolo del supereroe Birdman. Il suo tentativo di recuperare una carriera disastrata e allo stesso tempo rifarsi una reputazione mettendo in scena “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore” di Raymond Carver in un piccolo teatro di Broadway è lo scenario nel quale si intrecciano le vite di attori, avvocati, critici e tutto il variopinto mondo del palcoscenico, sia in platea che nel dietro le quinte. Ma Birdman non perde mai di vista il suo centro nevralgico, vale a dire il suo protagonista. Michael Keaton è eccezionale, sa passare dal dramma alla commedia in una sola scena, con un equilibrio di cui pochi attori sono capaci. È lui, con il suo sguardo magnetico, a guidare un cast di grandissimo livello – su tutti Emma Stone e Edward Norton nei panni di sua figlia, appena uscita dal rehab, e del primo attore eccentrico ed egocentrico. A sorprendere è anche Zach Galifianakis, protagonista della serie Una notte da leoni, in un ruolo totalmente drammatico.

La messa in scena varrebbe da sola un premio alla regia o al montaggio. Inarritu gira tutto in lunghi piani sequenza, montati digitalmente in modo da rendere gli stacchi impercettibili e far sembrare che il film sia stato girato in un unico enorme ciak. Ovviamente ciò è impossibile e il regista lo rende palese: con un solo movimento di macchina si passa a volte da uno scenario a un altro, con evidenti salti temporali, e in una sequenza particolarmente ispirata vediamo Keaton affrontare il suo alter ego giovane, in costume da Birdman, e far saltare in aria la città con la forza del pensiero. Di idee visive ce ne sono però tante atre, sparse per tutto il film, e una sequenza, che vede Keaton attraversare Times Square in mutande (e l’ha fatto realmente), è già icona.

Il film funziona meno quando cerca di parlare di altro. Ad esempio i social media, da cui Riggan è totalmente scollegato (e questo dovrebbe accentuare il fatto che, per il mondo, lui non esiste). Oppure la critica teatrale, vista come una professione mossa da invidia e mancanza di obbiettività. Ma finché l’occhio di Inarritu resta puntato sulla suo tormentato anti-eroe, Birdman è in grado di volare. Non si tratta di un film perfetto, ma è un viaggio nella mente umana che vale la pena di intraprendere.

In uscita il 5 febbraio, Birdman (o Le imprevedibili virtù dell’ignoranza) è distribuito in Italia da 20th Century Fox. Qui il resoconto dell’incontro stampa con il cast.

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