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Woman in Gold - La nostra recensione

Didascalica e poco coinvolgente la vicenda tratta da una vera storia che la stessa Helen Mirren ha accompagnato al Tokyo Film Festival

25.10.2015 - Autore: Mattia Pasquini (nexta)
Per quanto suggerito, non è la splendida Helen Mirren (che abbiamo intervistato per l'occasione) la donna in oro del titolo, nonostante i suoi colori, la passione, la qualità attoriale potrebbero giustificarlo. Ma è sicuramente sulla sua presenza che il Woman in Gold di Simon Curtis conta molto. Forse troppo. E senza nulla togliere al pur appassionato Ryan Reynolds, nei panni del Mr. Smith di turno.

Al resto ci pensa il racconto della storia vera di Maria Altmann, sfuggita al nazismo riparando negli Stati Uniti, e della sua battaglia legale contro il governo austriaco per il possesso di cinque quadri del pittore Gustav Klimt confiscati dai tedeschi e conservati nella Galerie Belvedere di Vienna. E soprattutto del Ritratto di Adele Bloch-Bauer I, tra i più celebri e amati dell'artista.



Tolto purtroppo il fascino della splendida opera, anche quello della magnetica attrice finisce per perdere di forza attrattiva in uno sviluppo che rimane appiattito su messaggi piuttosto scontati e una fattura elementare. I flashback che rimandano a inizio secolo, con la realizzazione del dipinto, e agli anni dell'Anschluss, con l'esproprio dei beni nazionali, non aggiungono molto al messaggio di cui la stessa protagonista si fa portatrice.

Il didascalismo non è stato una preoccupazione di Curtis, è evidente. D'altronde già nel precedente Marylin il regista londinese non si era dimostrato un filmmaker così capace di incidere… E anche stavolta sembra affidarsi completamente ai suoi due interpreti, purtroppo frecce spuntate nell'indecisione di fondo di una vicenda che oscilla tra il legal-drama, la rievocazione sentimentale e la denuncia politica (e genericamente dei 'peccati dei padri').



Si batte molto sul tasto della memoria, giustamente, tanto storica quanto personale. Ma la crescita dei nostri due eroi corre parallela a questa linea narrativa. Ryan Reynolds non è completamente credibile nei panni del giovane avvocato impacciato e indipendente schiacciato da una famiglia ingombrante, ma che sboccia animato da una giusta missione. E anche la Mirren gigioneggia confusa tra eccentricità e sdegno, finendo per non riuscire - nemmeno lei! - a dare pathos alla vicenda.

Manca emozione, la stessa legittima rabbia è ammorbidita in un film troppo costruito, reso 'prodotto'. Niente di nuovo nel listino Weinstein, che forse sperava in qualcosa di più (ma dovrà puntare le sue fiches altrove, probabilmente). Per il pubblico una interessante 'mission impossibile' artistica e uno squarcio su una realtà mai troppo trattata, che racconta di ancora 100.000 opere trafugate dai nazisti attualmente in attesa di tornare ai legittimi proprietari.


Woman in Gold, in sala dal 15 ottobre 2015, è distribuito da Eagle Pictures