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Watchmen - La nostra recensione

Gli amanti del graphic novel apprezzeranno questo film cupissimo e non conciliatorio, ma anche il pubblico che non ha letto il materiale originale non potrà non rimanere colpito dalla forza annichilente della messa in scena.

Watchmen

03.03.2009 - Autore: Adriano Ercolani
Sarebbero bastati gli straordinari titoli di testa a fare di questo “Watchmen” (id., 2009) uno dei cult assoluti del 2009: sulle musiche epocali di Bob Dylan (non vi sveliamo il titolo della canzone per non rovinare l’effetto) una serie apparentemente interminabile di movimenti di macchina raccontano il fascino e le ambiguità degli eroi mascherati, simbolo ambiguo e magnetico di una società americana “impazzita” e votata alla violenza. Questa magnifica sequenza da sola riesce a raccontare tutta la disillusione di un’epoca invece dominata dal terrore della guerra nucleare e dalla perdita di valori comuni. Specchio dell’America degli anni ’80, della sua falsa democrazia in cui domina l’individuo sulla collettività, dove anche gli eroi perdono la loro innocenza e si fanno violenti e insensibili,  ecco che a risplendere di luce oscura sono le figure più radicali: il Comico (Jeffrey Dean Morgan), giullare sanguigno che asseconda la follia collettiva, e soprattutto Rorscach, il personaggio più bello della graphic novel di Alan Moore e Dave Gibbons, folle ed isolato giustiziere che però mantiene un suo credo, qualsiasi prezzo esso comporti.

Zack Snyder, che un paio d’anni fa era salito alla ribalta della cronaca col successo inaspettato dell’adattamento di “300” (id., 2006) da Frank Miller, anche questa volta sceglie di seguire le direttive estetiche e contenutistiche di un lavoro che possiede tutt’altro spessore e significato rispetto al precedente, testosteronico ma nulla più. Seguendo il contrasto assolutamente geniale dell’opera di Moore e Gibbons, che hanno costruito un puzzle di rara profondità emotiva  e pessimista facendola scontrare con la brillantezza e l’eleganza di un disegno ed un colore vivissimi, anche Snyder cavalca l’onda e realizza un’opera splendente, barocca, che sfrutta tutti gli stilemi della cultura pop del periodo che racconta per ritorcerli contro se stessi, nella narrazione di una parabola nichilista e brutale.

Watchmen” si presenta così come un’epopea strabordante sul tramonto dell’American Dream, e sulla nascita della paranoia della fine: quegli anni ’80 disegnati e portati sul grande schermo con tanta forza distruttiva rappresentano uno spaccato dal facino terribile ma indubitabile. Certo, nella scelta coraggiosa e coerente di frozare sempre la mano in un paio di occasioni Snyder perde il controllo ed esagera, ma nel complesso rende un grande e meritatissimo servizio al capolavoro di Moore e Gibbons, e costruisce un puzzle livido ed ineluttabile. Gli amanti del graphic novel originale saranno senz’altro più capaci di apprezzare questo film cupissimo e non conciliatorio, ma anche il pubblico che non ha letto il materiale originale non potrà non rimanere coinvolto dalla forza annichilente della messa in scena. Assolutamente da non perdere, e da vivere come un trip visivo e concettuale di rara potenza espressiva, di sensato e disarmante potere ipnotico.

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