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Warcraft - La nostra recensione del kolossal fantasy di Duncan Jones

Un enorme spettacolo visivamente potente ma anche in grado di regalare emozioni

30.05.2016 - Autore: Pierpaolo Festa (Nexta)
Due ore. Centoventi minuti che scorrono al galoppo. Questo è quello che rimane di Warcraft, brillante action fantasy dal respiro medievale. Una mega-produzione che ha tenuto Hollywood sotto scatto per tanti anni, con continui slittamenti di riprese, un budget che andava e veniva, passando attraverso una serie di registi e finendo per essere consegnata all'uomo giusto. Dopo il notevole Moon e il solido Source Code, Duncan Jones dimostra di non avere paura nel manovrare il timone di film enormi e allo stesso tempo di poter spingere avanti le meraviglie visive del grande schermo.  


LEGGI L'INTERVISTA A DUNCAN JONES: "I MIEI ORCHI NON SONO DEI MOSTRI"
 
Sono passati quindici anni da quel primo Final Fantasy, il film che all'epoca i cinefili evitavano come la peste ma che avrebbe in realtà dimostrato che uno spettatore può affidarsi a un personaggio digitale e provare delle emozioni per lui. Gli orchi di Warcraft sono giganteschi e mostruosi, ma non si riesce a staccargli gli occhi di dosso continuando a scrutarne ogni dettaglio. Inquadratura dopo inquadratura. Jones riesce rapidamente a stabilire una sintonia emotiva con i suoi orchi. Trova sempre la prospettiva giusta con la sua macchina da presa: che sia una soggettiva, un dettaglio di battaglia o qualche colpo basso come intenerire lo spettatore mostrando un orco neonato. L'interazione tra questi guerrieri digitali e i personaggi in carne e ossa rende il tutto ancora più credibile. 
 
Ci viene raccontata la storia di un'invasione, quella di un popolo disperato alla ricerca di un nuovo territorio in cui poter vivere, lo stesso popolo che però è guidato dal tiranno spietato di turno, tanto digitalmente mostruoso quanto simile a tanti dittatori che la storia ha conosciuto. L'affascinante estetica medievale fa il suo dovere connettendosi alla realtà: azioni, pensieri e parole messe in scena sono tutt'altro che lontane dalla nostra epoca. Fino a che punto gli orchi sono invasori? Dove finisce la loro violenza e comincia la loro disperazione legata a non avere un posto in cui potersi sentire a casa? Quanto i disperati sono soltanto burattini in mano ai potenti? Sono queste le domande poste dal film. 

Quando cerca l'epica Warcraft spara a salve: la narrazione, mai noiosa, percorre però tappe standard e soluzioni di trama telefonate sin dall'inizio (e un finale inevitabilmente aperto per lasciare spazio ai capitoli futuri). Alla fine è sempre il franchise a dettare legge sopra ogni cosa.  


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Più interessante, invece, quando si sofferma sulle tradizioni degli invasori: è in quel momento che Warcraft riecheggia Avatar superando Cameron visivamente con una festa di colori, meno elementi new age e più sudore digitale. Una dose di grinta in più con cui Jones affronta il film: la sua macchina da presa si avvicina così tanto ai personaggi come se volesse costantemente trasformare i pixel in carne e sangue. E per un po' ci riesce, prima dell'inevitabile festa visiva digitale del terzo atto.

E' questa sua grinta che rimane allo spettatore alla fine del film. Quella e la carica di sensualità di Paula Patton, mezza umana e mezzo orco: vale il prezzo del biglietto, perché non c'è mai stato orco più sexy di lei nella storia del cinema. 

Warcraft, nei cinema dall'1 giugno, è distribuito da Universal Pictures