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Wajib - Invito al matrimonio, la nostra recensione

Il film della palestinese Annemarie Jacir è un dramma col ritmo di una commedia

21.04.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane
Un funerale. La radio annuncia la morte di un uomo, in una Nazareth martoriata. È così che si apre Wajib – Invito al matrimonio, un film drammatico col ritmo di una commedia, la cronaca di una famiglia divisa dal volere dei potenti. Nazareth è una città israeliana, abitata da palestinesi senza terra. Il loro Stato non è riconosciuto. Si aggrappano alle tradizioni per non smettere di sorridere, così padre e figlio vanno per le strade sbrigando un “dovere” che spetta agli uomini: consegnare gli inviti per il matrimonio della figlia/sorella. 



La macchina che guidano è un altro campo di battaglia. Si scontrano due generazioni, due modi diversi di guardare alla storia e al passato. Il capofamiglia rappresenta la vecchia guardia, quelli che hanno accettato le regole imposte da Israele. Potremmo chiamarli pragmatici, persone che hanno piegato la testa per portare a casa qualche soldo e avere un piatto caldo di minestra la sera. Hanno sacrificato l’animo militante, accettato il compromesso, per inseguire un’esistenza normale, lontana dai comizi e dalla OLP. Ma i giovani non hanno smesso di combattere: alcuni scelgono la via delle armi, altri restano idealisti, e si rifugiano in Europa per non doversi sottomettere. Tutto questo si consuma all’interno di un’automobile, dove i dialoghi pungenti riflettono lo spirito di un Paese. 
 
Il patriarca invita alla calma e alla comprensione, il primogenito si ribella, e la lite è inevitabile. Fuori c’è Nazareth, con il suo 68% di musulmani e 32% di cristiani, con il suo ritmo frenetico e i rifiuti che non vengono raccolti. Difficile convivere, anche se non siamo nei territori occupati. La regista Annemarie Jacir, la prima palestinese a mettersi dietro la macchina da presa, dirige con sentimento, trasformando una vicenda semplice in un messaggio universale. I ruoli e le convinzioni vengono messi in discussione. Non esiste certezza. Si consuma una resa dei conti privata che si contrappone a quella pubblica. La pace sembra essere all’orizzonte.


 
Ma Wajib – Invito al matrimonio non è un film politico. Ha il pregio di scavare nel quotidiano, di fotografare tante piccole realtà, dall’intellettuale che si è arreso, alla donna che regala un po’ di dolcezza agli altri con le sue torte. Il road movie urbano di Wajib è un realismo che forse l’Occidente dovrebbe sentire più vicino. Ricorda le peripezie di Soraya, la protagonista de Il sale di questo mare, e il lungo ritorno a casa di Tarek in Quando ti ho visto. Una caratteristica del cinema di Annemarie Jacir è il movimento, il viaggio sia fisico che interiore che compiono i suoi personaggi. Non è mai un girare a vuoto, ma un percorso che va dritto alla meta. Alcuni riscoprono le proprie origini, altri cercano solo di riabbracciare chi li ha messi al mondo. Tutto questo in una Palestina orfana, schiacciata da chi non vuole riconoscerla. 

Wajib - Invito al matrimonio è distribuito nei cinema da Satine Film.