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Tutti in piedi, amore e buoni sentimenti nell'opera prima di Franck Dubosc (Recensione)

Una storia d'amore in "sedia a rotelle". Tanti buoni sentimenti e qualche risata

dubosc

27.09.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane
Ci vuole coraggio a giocare con il politicamente scorretto. Soprattutto di questi tempi. Il rischio è di spingersi troppo oltre, di superare le classiche regole del buongusto. Ma osare, si sa, può rivelarsi una scelta vincente. È il caso di Quasi amici, una delle commedie francesi più famose degli ultimi anni. Il ragazzo delle banlieue (la periferia) incontrava un ricco paraplegico, e veniva assunto come suo “assistente”. L’obiettivo era di estorcergli un po’ di soldi, ma alla fine nasceva un legame forte, un’amicizia che completava entrambi. Storia edificante, ottime gag, risate e riflessione: il cocktail perfetto per mettere d’accordo ogni tipo di pubblico.

Anche Tutti in piedi utilizza la stessa ricetta, e mette al centro della vicenda una sedia a rotelle. Lui è il classico uomo in carriera di mezza età, che vede la donna come una preda. È l’emblema del machismo, dell’eterno scapolo che non si vuole impegnare per godersi i piaceri della vita. E pur di “conquistare” è disposto a tutto, anche a fingersi un disabile. Invece lei non può camminare per davvero, e pensa che lui sia il suo principe azzurro.



La struttura richiama quella del cinema anni Novanta, in stile Pretty Woman. I sogni diventano realtà, i desideri di sempre finalmente si avverano. E l’amore trionfa. Ma in Tutti in piedi c’è un po' più di pepe. Si ride, spesso a denti stretti, e non ci sono inutili pietismi. Solo in una sequenza si rischia di scadere nel videoclip patinato, quando i due cenano in piscina.

Le carrozzine galleggiano, gli amanti si stringono in un abbraccio appassionato, e il seguito si può facilmente intuire. Tanti buoni sentimenti: il buonumore è garantito. Il vero “disabile” è il protagonista, che non riesce a lasciar fluire le proprie emozioni. Si nasconde dietro all’aria da sciupafemmine, al fascino invidiabile. Ma in fondo è solo, non accetta se stesso. Invece la sua fiamma è un primo violino, gira il mondo, è una campionessa di tennis. Lei è dinamica, spensierata, mentre lui è introverso, insicuro. I luoghi comuni si ribaltano, e sembra di assistere a una favola.



La morale è che alcune volte nella vita, per essere felici, bisogna accettare anche i limiti dell’altro. Dobbiamo essere gli artefici della nostra esistenza, cercando di essere sinceri. Le bugie lasciano il posto alle scuse, la love story a tratti commuove, e tutti vissero felici e contenti. La comicità, mai demenziale, affonda le sue radici nell’equivoco, nelle situazioni al limite che strappano qualche sorriso.

Tutti in piedi è un film leggero, pacificatorio, che intrattiene senza troppe pretese. Segna l’esordio dietro la macchina da presa di Franck Dubosc, showman molto famoso in Francia, ma poco conosciuto in Italia. I suoi monologhi sono un marchio di fabbrica, e il successo arriva dalla televisione e dal teatro. Per il grande schermo ha recitato in Camping, Barbecue e, tra gli altri, è anche apparso in Asterix alle olimpiadi. Con Tutti in piedi debutta alla regia, non tradendo le aspettative.

Tutti in piedi è distribuito in Italia da Vision DIstribution.