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Thumbsucker

Acclamato in patria come uno dei migliori lungometraggi della stagione - vincitore addirittura dell'Orso d'oro a Berlino per il giovane protagonista Lou Pucci - arriva anche nelle nostre sale questo esordio al cinema di Mike Mills

Thumbsucker

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
Alla veneranda età di 17 anni Justin Cobb (Lou Pucci) nei momenti di stress si succhia ancora il pollice. Questa stranezza è vissuta da tutti con un sotterraneo disagio, soprattutto dal padre Mike (Vincent D’Onofrio). In realtà il gesto è sintomatico di uno spaesamento esistenziale che il giovane introietta, e che si tramuta in un comportamento disarmonico. Ad aiutarlo è soprattutto il suo odontotecnico Perry (Keanu Reeves), hippie che crede che la ricerca dell’equilibrio interiore sia il primo passo verso la sanità. A Justin viene invece diagnosticata una sindrome che ne mina la concentrazione, e per curarlo vengono adoperate sostanze stimolanti. Da questo momento il ragazzo subisce una sorta di cambiamento radicale:  più spigliato, lucido e tagliente, inizia una carriera di successo nella squadra di dibattito. Ma è tutto oro quel che luccica? E soprattutto Justin si sta rendendo conto che intorno a lui le persone stanno cambiando, adeguandosi non sempre al meglio alla sua nuova personalità?  

Acclamato in patria come uno dei migliori lungometraggi della stagione - vincitore addirittura dell’Orso d’oro a Berlino per il giovane protagonista Lou Pucci - arriva anche nelle nostre sale questo esordio al cinema di Mike Mills, regista che prima d’ora si era cimentato soltanto in cortometraggi e produzioni televisive. Con a disposizione un cast di attori di primissimo ordine, il regista allestisce un lungometraggio che a dire il vero mi sembra essere stato decisamente sopravvalutato. La messa in scena, la storia e le interpretazioni di tutti sono senza dubbio di livello più che accettabile, ma il tutto messo insieme non regala allo spettatore nessun senso di novità, ed a dire il vero anche pochissime occasioni per un reale coinvolgimento emotivo. Piccolo racconto di formazione, di passaggio dall’età adolescenziale a quella adulta, “Thumbsucker” in realtà non si discosta molto da tutta una serie di pellicole che abbiamo già visto ed ammirato nel corso degli anni: le psicologie dei vari personaggi sono abbastanza ben delineate, ma hanno tutte addosso il polveroso sapore del già visto. Anche il percorso che il protagonista Justin deve compiere per la propria salute mentale alla fine non propone delle prove particolarmente drammatiche o interessanti. Mills dirige questa pellicola – tratta dal romanzo di Walter Kirn – con semplicità, senza calcare la mano della regia eccessivamente stilizzata, lasciando spazio alle pregevoli interpretazioni degli attori. Su tutti vogliamo applaudire la sempre radiosa Tilda Swinton, qui anche molto pacata e mai sopra le righe.

Film gentile, quasi fragile nella sua endemica, “Thumbsucker” non riesce a mio ad incidere quanto probabilmente avrebbe potuto. Più che per effettivi difetti intrinseci all’opera stesa, è la poca originalità del progetto a non permettergli di affascinare. Non un brutto film dunque, ma vagamente inerme.