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The End of the Tour – La recensione da Roma

Jason Segel e Jesse Eisenberg in un film che racconta un episodio nella vita di David Foster Wallace, celebrato autore di Infinite Jest

The End of the Tour

21.10.2015 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
Raccontare David Foster Wallace, scrittore che con i suoi romanzi, su tutti Infinite Jest, ha segnato la letteratura degli ultimi vent'anni, attraverso un ritratto che ne colga le stranezze, le difficoltà nel relazionarsi con gli altri e il genio, è lo scopo primario di The End of the Tour, film di James Ponsoldt (The Spectacular Now, The Circle) presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma. Ma anziché cadere nella trappola del biopic, Ponsoldt sceglie di raccontare una porzione ben delimitata nella vita dello scrittore: quei pochi giorni in cui fu seguito nel tour promozionale di Infinite Jest dal collega scrittore (e giornalista di Rolling Stone) David Lipsky.

Già questo aiuta a focalizzare meglio il racconto, evitando di calcare troppo la mano sulla depressione che avrebbe portato Wallace al suicidio nel 2008 (suicidio che viene citato comunque all'inizio e al termine del film, con il resto della storia narrata in flashback). Ponsoldt fa anche un'altra scelta particolare: quella di affidare i ruoli di Wallace e Lipsky a Jason Segel e Jesse Eisenberg, due volti che insieme richiamano la più recente commedia indie americana di qualità, qui però utilizzati in un film che della commedia non ha quasi nulla.

È encomiabile come The End of the Tour non cerchi di costruire una narrazione hollywoodiana sulle premesse reali, o per lo meno la rielabori con una leggerezza di tocco esemplare e la nasconda molto bene tra le righe. Tutto è basato su una lunga conversazione che Lipsky ha registrato, e Ponsoldt rimane su quella per buona parte del tempo, senza gonfiare gli eventi con un'epica non richiesta. Dunque si parla di letteratura, di TV e cinema, del ruolo di un autore, del rapporto con la fama, tutte cose che Wallace si è trovato a dover affrontare dal suo singolare punto di vista: quello di un uomo estremamente intelligente affetto da depressione cronica, che riusciva a malapena a tenere a bada quel tanto che bastava per essere produttivo. Lipsky è in un certo senso il suo opposto, un uomo mediamente intelligente ed erudito, scrittore non certo geniale come il collega, ma molto più abile nei rapporti sociali e dunque decisamente più in pace con se stesso.

È su questa contrapposizione drammatica che si regge un road movie in fondo piccolo, che non pretende di dire l'ultima parola sui temi che tratta, ma che almeno si discosta con grazia dalla formula trita e ritrita dei biopic che, ultimamente, stanno ammorbando il cinema americano e non.
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