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The corporation

Dal libro di Joel Bakan, su cui è basato, spunti per una inchiesta accurata, illuminante; e dall'abilità di Jennifer Abbot e Mark Achbar un documentario intenso ed evocativo, quanto divertente e originale.

The corporation

12.04.2007 - Autore: Michela Saputi
La patologica ricerca del profitto e del potere Di Mark Achbar, Jennifer Abbot, Joel Bakan Premio del pubblico Sundance Film Festival 2004   Dal libro di Joel Bakan, su cui è basato, spunti per una inchiesta accurata, illuminante; e dall\'abilità di Jennifer Abbot e Mark Achbar (già co-regista di “Manufacturing consent: Noam Chomsky and the media”, 1992) un documentario intenso ed evocativo, quanto divertente e originale. Ma soprattutto, una nuova dissacrazione ed un colpo assestato nel cuore dell’impero USA.   Come in passato la chiesa, la monarchia , e poi il partito, oggi è “the corporation”, la multinazionale, l’istituzione dominante nella società. In una escalation di appropriamenti e privatizzazioni, dai pascoli e terreni nel ‘600, fino alla conquista di ogni molecola del pianeta, e del DNA umano, una cesura risulta particolarmente interessante: quando, circa 150 anni fa, ne venne riconosciuto lo statuto legale (ergo stessi diritti e garanzie…) di “persone”giuridiche. I registi allora si domandano: ma che tipo di persona è questa? E quale rapporto instaura con le altre “persone”, la loro salute, vita sociale, il loro ambiente? E proseguono così analizzandone il comportamento proprio come se fosse umano, attraverso i criteri diagnostici della World Health Organization e il DSM-IV, la classificazione standard della psichiatria. La diagnosi finale è semplice, lineare, scientifica. L’istituzione capitalistica attuale ha una natura essenzialmente patologica, perchè si rispecchia pienamente nel criterio diagnostico di uno psicopatico: antisociale, egocentrico, immorale, costantemente teso ad infrangere la legge, a mettere in pericolo sistemi di vita o di sostegno alla vita. Lo sfruttamento ai fini del profitto è l’unico valore ad ispirarne le azioni. A sostegno di queste considerazioni, il film accorda una ricchissima varietà di contributi: scoop giornalistici (come le prove inedite del coinvolgimento dell’IBM nella gestione dei campi di sterminio nazisti, o l’autocensura della Fox News), macchinazioni e strategie imprenditoriali tratteggiate da esperti ed addetti ai lavori (presidenti o AD di una serie di aziende, broker, persino una spia industriale), interviste a personaggi del calibro di Noam Chomsky, Naomi Klein,Vandana Shiva, e Michael Moore. Ma niente di più lontano da Fahreneit 9/11: nessuna retorica sarcastica, né tracce di propaganda ideologica. Piuttosto gusto sottile ed ironia brillante nello scardinare punto per punto le più sofisticate strategie di marketing e brand communication, quel “mondo rassicurante”, che sa di tradizione, tante volte profuso dal cinema stesso. Con gli stessi mezzi, un linguaggio nuovo. Immagini di repertorio anni 50, del sogno americano, video didattici, educativi al perfetto consumatore, cartoon, il tutto in un “blob” incandescente che rompe gli schemi, amplia la nostra visione, per sollecitarci sì, ma non al consumo. E nel finale importanti fessure, come spiragli, puntano dritto verso di noi, “spettatori”, sprofondati nelle poltrone.  
FILM E PERSONE