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Teneramente folle – La nostra recensione

Il tema dei disturbi mentali, già visto a Hollywood, declinato secondo il tono stralunato e originale della commedia indie americana

19.06.2015 - Autore: Alessia Laudati (Nexta)
Mark Ruffalo accarezza la bipolarità di un uomo che soffre, tra le altre cose, di sindrome maniaco-depressiva, in una commedia drammatica dove il peso della conflittualità con il prossimo, dell’isolamento, sono qui trattati con caotica intimità e leggerezza, fino a costruire l’ossatura di un film tenero e colorato sul tema dei disturbi mentali e sulla possibilità di convivere con essi senza il peso dello stigma sociale. L’attore è infatti Cam, un uomo affetto da disturbo bipolare, padre di due figlie, e sposato con Maggie (Zoe Saldana), nella Boston degli anni ’70. Il protagonista maschile, dopo un ennesimo ricovero in rehab, si trova a dover essere l’unico responsabile della vita quotidiana e dell’educazione delle bambine. E qui emerge la prima originalità del racconto. 
 
L’assenza di stigmatizzazione della malattia mentale, la capacità di raccontare la normalità anormale eppure tenera di un uomo in perenne conflitto sia con se stesso, sia con la gestione della famiglia e nei rapporti con la moglie, anche grazie a un punto di vista che sembra essere quello disincantato eppure “liberal” dell’infanzia: è questo il vero valore di una pellicola che, con un tocco delicato, mostra diverse sfaccettature di rapporti umani senza appesantirli ad ogni costo con la piombatura della tragedia. 
 
In Teneramente folle i soldi sono pochi, i problemi tanti, ma l’impressione, anche grazie a uno stile registico da documentario osservativo e alla buona tenuta del tono da commedia indipendente americana, è che l’epilogo felice nonostante le difficoltà della malattia, ricercato anche da altri film sul tema (su tutti, Il lato positivo), sia l’approdo finale di un viaggio originale dal punto di vista del realismo dei rapporti umani, e dell’ambientazione freak e retrò accuratamente ricostruita.
 
D’altronde nel film c’è un’intimità, quella della famiglia Stuart, che emerge con naturalezza anche grazie al ritmo slegato della narratività lineare, qui priva di una trama vera e propria ma scandita dal normale scorrere delle stagioni. Qualcuno, vedendo il film, urlerà al ritratto semplicistico e buonista, ma in ultimo, nonostante l’appannamento degli angoli più duri della vicenda, l’esordio alla regia di Maya Forbes è un tentativo riuscito di narrare un disturbo complicato, nella sua dimensione umana e filantropica e in un contesto sociale “alternativo”.

Sono proprio i ruggenti anni ’70, protagonisti di un clima possibilista sull’intera società statunitense, a fare da trait d’union tra lo stile di vita imperfetto degli Stuart e quello di un’America libertina, che proprio in quegli anni rompeva molti schemi sociali e politici, per fare posto ad un’ideale di vita molto più aperto alle diversità e fortemente allergico al modello del conformismo esistenziale ad ogni costo. 

Teneramente folle è distribuito nelle sale da Good Films.