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Robin Hood - L'origine della leggenda, il ritorno di uno dei ladri più famosi di sempre (recensione)

Dopo Ridley Scott, ci pensa Otto Bathurst a confrontarsi con "la freccia più veloce della foresta". Forse è il peggior adattamento della Storia  

Edgerton

20.11.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane
Il mito del guerriero, la leggenda dell’affascinante malandrino. Nell’epoca dove tutto è post – post – post, gli antichi paladini vengono reinventati, deformati. Anche le immagini sono diventate un fake, non solo le notizie. La verità non interessa più a nessuno. Così Robin Hood cambia veste. Nel tempo lo avevano raffigurato come un cavaliere stanco (Robin e Marian, con Audrey Hepburn che si faceva suora pur di aspettarlo), come un aitante sessantottino (Robin Hood – Principe dei ladri), come un gigione nelle mani di Mel Brooks (Robin Hood: Un uomo in calzamaglia). Addirittura Ridley Scott gli aveva fatto respingere uno sbarco sulla spiaggia in stile Salvate il soldato Ryan (Robin Hood).

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In questa ultima versione, il vecchio adagio viene rispettato: rubare ai ricchi per dare ai poveri. Ma poi si scatena il finimondo. L’eroe romantico, il simbolo dell’orgoglio sassone contro l’invasione normanna, il difensore del trono... in Robin Hood – Le origini della leggenda si trasforma in una giovane mina vagante, con la precisione di Legolas e la parlantina di un politico consumato.



Aizza le folle, è il leader di ogni rivolta. Di giorno siede alla tavola dei potenti e di notte veste i panni del ladro gentiluomo. Si comporta come Batman, e si immerge in una realtà d’ispirazione steampunk. Le scenografie da fumettone ricordano anche i videogiochi, con il costume da battaglia che richiama quello del protagonista di Thief.

Qui Robin Hood è un superuomo, e “Little” John sembra essere una rivisitazione di Morpheus, ma ancora più letale. I due amano l’azione spettacolare, sovvertono l’ordine, sfidano ogni autorità. Il regista Otto Bathurst ne approfitta per togliersi qualche sassolino dalla scarpa: il male supremo è la Chiesa, che si arricchisce sulle spalle dei poveri, cerca di manipolarli con il suo credo, costringe i disgraziati a spaccarsi la schiena nelle miniere.

L’Arcidiacono è la massima autorità del luogo, che non vede l’ora di eliminare anche il sovrano. Ma non finisce qui. Lo Sceriffo di Nottingham è in combutta con gli arabi, come un novello George W. Bush che tratta con i Sauditi mentre crollano le Torri Gemelle (ricordate Fahrenheit 9/11?). Le schermaglie urbane sembrano gli scontri in piazza tra manifestanti e poliziotti. I soldati con lo scudo respingono i civili armati di bombe carta e forconi. È l’anarchia.



Da una parte i lavoratori, dall’altra i padroni senza scrupoli. La cattedrale troneggia sugli ignoranti, gli operai chiedono una ridistribuzione della ricchezza. A cercare la salvezza è la working class, ormai senza diritti, costretta a vivere in un universo che, per essere gentili, potrebbe avere delle sfumature alla Mad Max. Ma che cosa è successo a Robin Hood? Lo hanno spinto al limite, estremizzato, come Artù in King Arthur – Il potere della spada. Con un occhio al passato, per chi scrive, il film migliore resta La leggenda di Robin Hood di Michael Curtiz, con l’immortale Erroll Flynn.

Robin Hood - L'origine della leggenda, in uscita il 22 novembre, è distribuito da 01 Distribution.