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Registro di classe – La recensione da Roma

Amelio e Pagliarani ricostruiscono pregevolmente la scuola che fu. Ma il film soffre un po’ della mancanza di richiami realistici con il presente 

Registro di classe

19.10.2015 - Autore: Alessia Laudati (Nexta)
L’oscillazione è dovuta. La buona scuola di Gianni Amelio e Cecilia Pagliarani, è un luogo appartenente esclusivamente al passato e quindi a proprio agio nei toni nostalgici del film d’archivio, oppure tale lezione storica è anche, anzi soprattutto, insegnamento vivido per il presente? Ecco il problema di Registro di classe; non si capisce bene l’ampiezza della seconda domanda, mentre rimane chiarissima l’esigenza della prima. Il mediometraggio, che ripercorre il tema della formazione e dell’insegnamento in Italia negli anni che vanno dal 1900 al 1960, è un ritratto sociologico del paese portato avanti attraverso l’utilizzo di materiale di archivio proveniente dall’Istituto Luce. Infatti, tra vecchie fotografie e interviste datate, si prova a mostrare la centralità del mondo scolastico appartenente al secolo scorso. 

Ne emerge così un’impressione viva dei sentimenti e degli umori del paese, ma il film trova qualche ostacolo in più quando cerca, o sarebbe meglio dire accenna, al legame con il presente. Certo, il parallelo con il contemporaneo è difficile, perché l’Italia di quegli anni è un posto dove il livello di benessere complessivo è ancora piuttosto basso e dove le famiglie del ceto popolare si spostano continuamente da Nord a Sud, mandando i figli a scuola - quelli che possono - nella certezza che l’educazione riesca in qualche modo ad assicurare loro un futuro migliore. E il confronto non sarebbe nemmeno necessario, se nel film non fosse presente una sorta di cupezza, che sembra quasi alludere a una tragedia nascosta tutta da scoprire.

É forse il contatto con una realtà piuttosto misera, difficile, a far scaturire tale impressione gravosa, oppure essa nasce dalla nostalgia nei confronti di alcune peculiarità del ceto popolare, un tempo destinatario di un’alterità che sembra essersi oggi persa in favore di un’omologazione culturale a tutto campo? O ancora ci si rammarica per la perdita di valore dell’educazione scolastica, non più capace di garantire, attraverso lo studio, un migliore futuro per i propri studenti? La risposta, se c’è, non arriva con chiarezza. Ed è per questo motivo che il film di Amelio e Cecilia Pagliarani è sicuramente un lavoro di ricostruzione pregevole sulla storia della scuola che rimane tuttavia un po’ slegato da qualsiasi analisi dell’oggi.  
 
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