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Recensione: Mindhunter, la serie Netflix di David Fincher vi conquisterà

Abbiamo visto i primi due episodi della serie incentrata sulle indagini di un gruppo di agenti FBI negli anni '70, e sono eccellenti

Mindhunter

13.10.2017 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
Quando tutti gli elementi si combinano alla perfezione nasce un gioiellino come Mindhunter. Dopo aver visto i primi due episodi della prima stagione, entrambi diretti da David Fincher, possiamo dire che la serie Netflix è un procedural lento che, finora, è più interessato alla psicologia criminale che a vere e proprie trame thriller. E nonostante questo è sorprendentemente appassionante.
 
Creata da Joe Penhall (The Road), la serie è basata sul saggio “Mind Hunter: Inside The FBI's Elite Serial Crime Unit” di Mark Olshaker e John E. Douglas, e racconta la nascita della psicologia criminale e dell'analisi comportamentale in un'era, la fine degli anni '70, in cui queste metodologie erano ancora liquidate come “roba da femminucce” tra i corridoi del FBI.

 
Al centro delle vicende c'è una dinamica collaudatissima, ovvero l'alleanza tra due agenti messi un po' da parte nonostante la loro ovvia preparazione e capacità. Holden Ford (Jonathan Groff) e Bill Tench (Holt McCallany) non potrebbero essere più diversi l'uno dall'altro. Holden è un giovane agente idealista e molto naif, ma dotato di una mente molto acuta e di grande istinto. Bill è un veterano disilluso e stanco, estremamente pratico e poco incline a deviare dall'incarico assegnatogli. Nella dialettica tra questi due punti di vista sta il motore delle vicende e, quando finalmente i due si incontrano a metà strada al termine del secondo episodio, si apre un altro mondo di possibilità per questa serie.
 
Da un punto di vista tecnico, Fincher traspare in ogni fotogramma. Non mancano elementi macabri, una certa fascinazione gelida per il male e la sua innegabile perfezione formale e perizia tecnica. Tutte cose che si riflettono nello stile adottato: colori smorzati, tendenti al grigio, ambientazioni asettiche (stazioni di polizia, la sede FBI, paeselli di provincia tutti uguali), montaggio serrato e un formato cinematografico panoramico. Una costruzione formalmente perfetta che nasconde però un'anima decisamente popolare.



Diciamo che Mindhunter è, finora, il punto d'unione perfetto tra un filone rodato come quello dei serial killer e l'approccio più intellettuale del procedural. Una serie capace di distillare il meglio di entrambi e metterlo a buon uso in una storia che, sulla carta, pare la negazione di tutti gli elementi d'interesse del genere – le cacce all'uomo, i villain carismatici e infallibili e i protagonisti tormentati sono totalmente assenti – eppure conquista e ipnotizza dal primo minuto. Imperdibile.