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Piazza Vittorio, la recensione del nuovo documentario di Abel Ferrara

Sulla scia di Napoli Napoli Napoli, il regista statunitense costruisce il ritratto vibrante di una Roma multiculturale. Presentato Fuori Concorso a Venezia 74

Ferrara

20.09.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane
Una giornata a Piazza Vittorio, dal tramonto all’alba. Nel cuore dell’Esquilino si trova uno dei luoghi più controversi di Roma. Un tempo c’era il mercato, forse il più grande della capitale, accompagnato da sporcizia e degrado. I filmati d’epoca dell’Istituto Luce ci mostrano una natura selvaggia, ignorata dal Campidoglio. Tra gli alberi e le rovine, di notte si rifugiavano barboni e mendicanti.

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Oggi la piazza è un centro multiculturale, un punto d’incontro per immigrati, delinquenti e gente del posto. Lo spirito è catturato dalla canzone Do Re Mi di Woody Guthrie: uomini che hanno abbandonato la loro casa, che viaggiano inseguendo una vita migliore. “Vorremmo un lavoro, uno stipendio”, spiega un ragazzo di colore davanti alla macchina da presa. Storie di migrazioni: l’America della Grande Depressione cantata da Guthrie diventa il riflesso del contemporaneo. C’è chi scappa dalle zone di guerra, chi abbandona Africa e Medio Oriente per riconquistare la libertà, e smettere di aver paura.

Lo stesso regista Abel Ferrara si mette dalla loro parte, si immedesima nel nuovo arrivato che cerca di guadagnarsi un piatto di minestra. Il suo documentario Piazza Vittorio è un viaggio nell’anima di un quartiere, specchio di un cinema che continua a prendersi cura degli ultimi, di chi resta ai margini della società. Le atmosfere criminali e noir dei suoi lungometraggi di finzione si fondono con i colori sgargianti di altre culture, con la musica che risuona per le strade.

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Il rischio per i residenti è di essere derubati mentre si va a fare la spesa, le vecchie generazioni si lamentano, dicono di essere state abbandonate dalle istituzioni. Ma in qualche modo il miracolo si compie: tutti continuano a convivere senza scontrarsi, provando ad aiutarsi a vicenda. E qui Ferrara ritrova il suo sguardo spirituale, per il quale nel tempo lo hanno accostato a Martin Scorsese.



L’idea di partenza ricorda Napoli Napoli Napoli, ma senza le sequenze di “finzione”. Qui il regista vuole rappresentare la vera identità di Piazza Vittorio, attraverso le sue tante sfaccettature e l’innegabile fascino del luogo. Dal quale in tanti sono rimasi stregati. Matteo Garrone e Willem Dafoe hanno scelto da tempo di trasferirsi all’Esquilino per sentirsi “all’estero”, per far parte di quell’infinità di mondi. Camminando sotto i portici ci si potrebbe anche imbattere in Matt Dillon, che si aggira tra i negozi e gli artisti “menestrelli”. Altri invece sono scappati, per paura degli ubriachi e del calar della notte.

Mille volti, mille sfumature. Dietro l’angolo si trova la sede di Casapound, a pochi metri uno dei ristoranti cinesi più antichi di Roma. Ferrara filma compulsivamente, cattura facce, voci, espressioni, in una sorta di flusso di coscienza. Il suo è un lavoro sincero, vitale, che senza pregiudizi vuole scoprire, informare, con un pizzico di poesia.

Piazza Vittorio è distribuito nei cinema da Mariposa Cinematografica.