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On the Milky Road – La recensione del film di Kusturica con Monica Bellucci

Torna a Venezia il regista serbo, con un film che racconta una storia d’amore impossibile sullo sfondo della guerra in Jugoslavia

On the Milky Road

09.09.2016 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
È la presenza di Monica Bellucci nel cast ad attirare l’attenzione, ma è la potenza della natura a dominare realmente On the Milky Road, il nuovo film di Emir Kusturica, che torna in concorso a Venezia a diciotto anni da Gatto nero, gatto bianco e a trentacinque da Ti ricordi di Dolly Bell?, il suo esordio alla regia cinematografica.



La natura circonda i protagonisti del film, interagisce con loro e influenza gli eventi a suo piacimento. È rappresentata dagli animali che ogni giorno aiutano il protagonista, il soldato Kosta (Kusturica), a trasportare il latte da una fattoria al fronte nella guerra jugoslava. Un falco, un asino, un serpente. Tutti con la loro personalità, tutti veri e propri co-protagonisti, al punto da apparire nei titoli di coda del film. La natura non è solamente, dunque, un osservatore passivo che assiste alla follia fratricida umana, ma è un agente dell’ordine, un guardiano della Storia.

Come si diceva, ovviamente è la presenza di Monica Bellucci nel cast ad aver destato l’interesse verso questo nuovo film del regista serbo. La storia d’amore tra Kosta e la Sposa, una bellissima donna italiana promessa a un ufficiale, è l’ingrediente che richiamerà la gente al cinema. Ma, almeno per la prima metà del film, è relegata a un gioco di sguardi, a una lenta seduzione – gestita benissimo e molto divertente – che avviene nel mezzo di eventi roboanti che ne mascherano la centralità. Prima ci sono le esplosioni e le raffiche di colpi della guerra, poi i festeggiamenti per la fine della stessa. Viene in mente in più punti Underground, e l’identità registica di Kusturica è ben presente, forse anche troppo, nel senso che in più punti il film ha un sapore di già visto. Ma l’energia è trascinante e l’umorismo conquista.



La parte finale del film, con la vera e propria realizzazione del sogno d’amore tra i due protagonisti, sogno che presto si trasforma in un incubo, cambia decisamente marcia. Prende il sopravvento un tono favolistico e un’estetica sopra le righe, quasi da cartone animato per certi versi. Il climax è anche troppo prolungato, anche se le idee visive non mancano (come ad esempio uno “scontro finale” su un campo minato, nel mezzo di un gregge di pecore). Ma è nel post-finale che il film torna a elevarsi: il rapporto uomo-natura ridiventa centrale, la promessa di una vita dopo la morte, retribuzione per un’esistenza di sofferenze, non è che questo, una promessa. Che si scontra con una realtà durissima, in cui i fantasmi del passato congelano il tempo e ci impediscono di andare avanti. Da parte di un uomo religioso come Kusturica, è una presa di coscienza ancora più amara e toccante.

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