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My name is Tanino

Dopo esser stato bloccato per più di un anno dalle vicende legate a Cecchi Gori esce finalmente nelle sale la divertente commedia di Paolo Virzi'.

My name is Tanino

12.04.2007 - Autore: Terry Marocco
«Volevo fare un film divertente e cazzone». Così Paolo Virzì parla ridendo, un po' emozionato, del suo «My name is Tanino», per quasi un anno bloccato per i problemi di Cecchi Gori e ora finalmente nelle sale. E c'è veramente riuscito, soprattutto grazie a un esordiente Corrado Fortuna, bravissimo e naturale, e a una sceneggiatura intelligente. Tanino è un ragazzo di un paesino livido e sperduto della Sicilia che un'estate si innamora di Sally, una biondina americana. Fine dell'estate, lei parte e lui si ritrova in un appartamentino nel quartiere Prenestino con cinque pugliesi che lo chiamano terrone e gli contestano di fregarsi la salsa del nonno e di non lasciargli vedere le partite del Bari. Il suo sogno è diventare regista, ma alla Scuola di Cinema non riesce a passare gli esami. Troppo emotivo, troppo fissato sul cinema d'autore e su un tal Chinawsky, autore conosciuto a pochissimi. Quando senza esami è costretto a partire per il militare, l'America e Sally sembrano l'unica via d¹uscita. E quando un equivoco compaesano gli paga il viaggio perché vada da alcuni parenti laggiù, Tanino prende l'aereo. Comincia così la sua avventura. Dovrà confrontarsi con i terribili parenti siculoamericani, una specie di Sopranos. Bellissime e vere le feste parvenu e cafone, con lustrini paillettes e chili di roba da mangiare. Sarà costretto dalla «famiglia» a fidanzarsi con la figlia cicciona del potente sindaco (Jessica De Marco, spettacolare nelle mises oversize e anche lei bravissima esordiente), e sempre per compiacere la famiglia dovrà subire sulle note di Olivia Newton John uno spogliarello con tanto di boa di struzzo, vestito di lattex rosso e cellulite ovunque, con finale surprise su un letto con baldacchino rosa e peluche. E poi rivedrà Sally, conoscerà la sua famiglia «wasp», con villa tutta beige, labrador dal nome Cuba e scheletri nell'armadio come la buona borghesia di tutto il mondo. I luoghi comuni degli americani analizzati senza pietà e con sadico compiacimento. Povero tenero Tanino, sprovveduto, con gli occhi sempre sgranati. Sognatore, infreddolito, coraggioso, fiducioso. Un giovane Holden anarchico e no global. Virzì è geniale nel creargli vicino personaggi, che in tutte le nostre vite sono forse apparsi per un momento e che con nostalgia o fastidio ricordiamo. L'amico del cuore vestito anche d'agosto di velluto nero, con cappellino da Lenin, infarcito di ideologia, collettivo, assemblee, masse e avanguardie sociali. Il pelosissimo corteggiatore della madre, Basilio, che ogni due parole dice «non neghiamoci la possibilità», e infine il regista di film incomprensibili, come quelli che Enrico Ghezzi ci ha propinato per anni alle tre del mattino (e noi ce li siamo sorbiti), ormai solo e quasi barbone, senza i soldi per una minestra. Un raro film divertente cazzone e intelligente.