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Mean Machine

Mean Machine

Mean Machine

22.05.2002 - Autore: Terry Marocco
Regia di Barry Skolnick Con Vinnie Jones, David Hemmings   E lanno dei remake: da «Colpo grosso» trasformato in «Oceans eleven» a «Rollerball», film cult degli anni 70, fino al trash «Senso 45» di Tinto Brass che riprende la torbida passione descritta da Visconti, ma con laggiunta di tanto nudo in più. Anche «Mean machine» non è altro che «Quella sporca ultima meta» di Robert Aldrich (1974), con qualche cambiamento nel copione: la scena si sposta da un penitenziario statunitense ad una prigione inglese e non si gioca più a football americano, ma a calcio. A sostituire il sex-symbol Burt Reynolds è Vinnie Jones, ex-calciatore professionista nella squadra del Wimbledon e componente della famosa crazy gang, la banda di giocatori ubriaconi e scorretti che imperversò nel campionato britannico per anni. La storia è la stessa, ma a rendere il film veramente divertente è lo humour tipicamente english che lo pervade.   Danny Meehan è il capitano della nazionale e ha tutto ciò che si può desiderare, ma un giorno per lui si aprono le porte delle patrie galere: ha truccato la partita Inghilterra-Germania e, ubriaco, ha aggredito un poliziotto. La vita nel penitenziario non è rose e fiori, anche se Barry Skolnick, regista di spot pubblicitari al suo esordio cinematografico, ha creato un ambiente asettico e pulito, veramente poco credibile. Direttore del carcere è un bravissimo David Hemmings (ormai lontani i tempi dellavvenente fotografo in «Blow up» di Antonioni) che sfoggia delle scicchissime cravatte in vero london style e come tutti i suoi connazionali scommetterebbe su tutto, anche sul tempo che farà. La sua vera passione è la squadra semiprofessionale dei secondini del carcere: la vorrebbe guidata da Danny, ma il capo delle guardie (mr. Burton, Ralph Brown) non vuole essere scavalcato da un recluso. Così Danny, per sopravvivere, propone di allenare una squadra di detenuti, per una grande sfida dentro il penitenziario. Ed è questa la parte più divertente del film, in bilico tra luniverso carcerario e quello dello sport, senza le massicce dosi di violenza delloriginale.   La squadra è composta da individui singolari: da Billy la piattola, uno che ricorda il Del Piero dei giorni peggiori, al famigerato Monaco, un detenuto scozzese psicotico, reclutato come portiere, più cattivo di Schumacher, il numero uno della Germania ovest, nei mitici mondiali dell82.. Divertentissimi sono gli allenamenti, con i trucchi -probabilmente presi veramente dalla crazy gang- per essere il più scorretti possibile in campo (dal gomito appoggiato per caso sul mento alla strizzatina di palle).   Dopo mille vicissitudini, alla fine, la partita. Con una telecronaca in diretta da fare invidia a Bruno Pizzul e con il dilemma di Danny: far vincere i secondini e uscire prima, o guadagnarsi la vittoria restando dietro le sbarre? Non cè molto da svelare, ma il finale è bello e romantico. Da vedere per sognare, prima di immergerci nella realtà, sicuramente meno romantica, dei mondiali. Sperando che il Trap, prima di partire per il Giappone, se lo