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Lo streaming del weekend-Beirut, la recensione

Dal 15 giugno disponibile su Netflix. Il Libano brucia e un uomo comune deve risolvere una crisi internazionale

Pike

14.09.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane
Vivere e morire a Beirut. La capitale del Libano sanguina, è il riflesso di un Paese dilaniato. A regnare è solo la polvere. Gli edifici crollano, i muri sono crivellati di colpi. I posti di blocco sono a ogni angolo. Si scontrano popoli, culture diverse. Musulmani, cristiani, ebrei: tutti costretti a convivere nell’ipocrisia, pugnalandosi alle spalle alla prima occasione. Beirut è la storia di due guerre: quella di un uomo e quella di una nazione.

Il film si apre nel 1972, con un massacro nella casa di un ricco diplomatico. Lacrime. Dolore. Un bambino rapito e una moglie che non vedrà il domani. Per il protagonista Mason Skiles è l’inizio di un calvario, dell’elaborazione di un lutto. È distrutto, e diventa lo specchio di una terra divisa, di un mondo violento da cui non si può scappare. L’attentato alle olimpiadi di Monaco scuote l’intero pianeta. I terroristi di Settembre Nero sequestrano gli atleti israeliani, per poi ucciderli. Munich di Steven Spielberg lo ha raccontato con grande forza nel 2006. Il Libano stava per affrontare la guerra civile.



Poi Beirut salta al 1982 (dieci anni dopo), poco prima dell’invasione d’Israele. Il caos dilaga, siamo alle porte di un nuovo conflitto. Gli attentati sono un appuntamento quotidiano, e non si sa chi sia il vero mandante. Il Libano di oggi cerca di leccarsi le ferite. Lo abbiamo visto nel bellissimo L’insulto di Ziad Doueiri, dove per un tubo dell’acqua troppo sporgente si scatenava una disputa senza eguali, che arrivava addirittura in tribunale. Il processo, la tensione mediatica, e il ritratto di uno Stato che fatica a trovare una propria identità. Beirut potrebbe essere una sorta di antefatto ambientato più di trent’anni prima.

La sceneggiatura di Tony Gilroy restituisce le incertezze di un’epoca, il dramma di chi, ormai rimasto solo, deve fronteggiare la politica dei governanti e la follia degli estremisti. Diventa un lavoro da spie, dove la Cia deve trattare con l’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) e Israele nello stesso momento. La situazione si fa incandescente.



Lo spirito è quello di uno Spy Game d’altri tempi, dove la misteriosa sparizione di un membro dell’Agenzia scatena il finimondo. La vecchia generazione viene chiamata a risolvere la crisi, la nuova porta freschezza e passione. A interpretare Skiles è Jon Hamm, il divo della serie Mad Men, che con la sua espressione intensa riesce a far trasparire le pene di un “negoziatore” che ha perso tutto.

Non ha più la casa, la famiglia, e di notte gli incubi lo svegliano. Lui cerca di affogarli in un bicchiere di whisky, ma è il brivido del pericolo a richiamarlo in azione. Anche lui è una vittima, una pedina su una scacchiera. E la sua unica possibilità è condividere il destino di un Libano martoriato, che insegue il miraggio della rinascita. Beirut è disponibile su Netflix dal 15 giugno.