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Lo Hobbit: La desolazione di Smaug – Recensione

Le avventure di Bilbo Baggins decollano puntando su spettacolo e divertimento

12.12.2013 - Autore: Pierpaolo Festa
Come nel caso del film precedente, arriva un momento - dopo due ore di avventure e inseguimenti - in cui Bilbo Baggins si ritrova a chiacchierare con un personaggio che gli ruba la scena. Un'unica sequenza che riecheggia lo spirito della trilogia precedente di Peter Jackson, che d'un tratto molla la presa su azione e avventura tornando a raccontare l'epica.



Perché non c'è dubbio che gli ultimi trenta minuti de La desolazione di Smaug (ad eccezione dell'ultima inquadratura) siano la cosa migliore di questo secondo capitolo de Lo Hobbit. Ne abbiamo visti tanti di draghi negli ultimi venti anni. Abbiamo visto loro e anche altri mostri giganti, tigri naufraghe e ogni genere di creatura. L'appuntamento con Smaug, però, è all'altezza delle più memorabili creazioni cinematografiche in pixel. Sebbene il lavoro di Benedict Cumberbatch non sarà notato a pieno (di certo il doppiaggio non aiuterà), non si potrà non rimanere colpiti dalla presenza del drago e da come esso interagisca con l'ambiente che lo circonda, una montagna d'oro che risponde a ogni suo singolo movimento.  

Sono lontani i tempi in cui il fantasy ha rappresentato una nuova sorgente creativa del cinema internazionale finanziato dagli Studios, però Peter Jackson e la sua famiglia artistica hanno imparato a rinnovarsi e adattarsi. Lo Hobbit non solo porta avanti tutte le dinamiche tra i protagonisti introdotte nei capitoli precedenti, ma lo fa al galoppo, senza prendersi nemmeno una pausa. Il regista continua a svelare nuovi angoli della Terra di Mezzo e a raccontarne i misteri, un'avventura alla volta. In passato abbiamo visto Frodo contro Shelob, adesso una delle sequenze action più avvincenti vede Bilbo contro una famiglia di ragni enormi e cattivissimi. Jackson ce la presenta con il suo solito humour e con tanto dinamismo. Ricercando sempre l'originalità in ogni singola coreografia. La sua è ormai una giostra perfetta, e per questo anche un appuntamento annuale da non perdere. Rimane certamente viva la voglia di vedere il regista alle prese con altri film e forse la curiosità di verificare come queste sue creature se la caverebbero nelle mani di qualche altro direttore.



Fa piacere vedere come il cast sia composto da new & old entry. Da una parte l'efficace Luke Evans (nei panni di Bard l'arciere) ed Evangeline Lilly piena di grazia nel ruolo di Tauriel, personaggio che riesce finalmente a fare breccia nella freddezza degli elfi. Dall'altra ritroviamo il Legolas di Orlando Bloom, questa volta più maschio e carismatico rispetto al nostro passato e al suo futuro. Dieci e lode a Martin Freeman e al suo Bilbo che finalmente ha trovato il coraggio. Il suo collega Richard Armitage gli tiene testa nei panni di Thorin, il personaggio con l'arco narrativo più interessante. Imperdonabile (e inevitabile) il finale monco che rimanda alla nuova puntata tra dodici mesi.

Lo Hobbit: La desolazione di Smaug è distribuito dalla Warner Bros.

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