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La recensione di The Alienist, su Netflix la nuova serie dell'autore di True Detective

La serie ispirata ai romanzi di Caleb Carr e prodotta da Cary Fukunaga ci trasporta nella New York di fine '800 tra quartieri malfamati ed efferati delitti

The Alienist

18.04.2018 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
Negli Stati Uniti è uscita su TNT dal 22 gennaio al 26 marzo scorsi, ma da noi arriverà ora in un'unica soluzione su Netflix la prima stagione di The Alienist, serie ispirata ai romanzi di Caleb Carr. Una serie d'atmosfera, prodotta da Cary Fukunaga, regista di True Detective, ambientata nella New York del 1896 e incentrata sulle indagini di un trio di improbabili investigatori alle prese con uno sfuggente serial killer ante litteram. Una premessa che piacerà molto a chi ama tutta la mitologia legata a Jack lo Squartatore, l'epoca vittoriana (anche se qui siamo dall'altra parte dell'Oceano) e quei mix di finzione e storia in cui la fantasia degli autori si infiltra nelle pieghe di fatti realmente accaduti.


IL TRAILER DI THE ALIENIST.
 
“Nel 19° secolo, si riteneva che le persone che soffrivano di malattie mentali fossero alienate dalla loro vera natura. Gli esperti che le studiavano erano pertanto noti come alienisti”. Questa “targa” apre ogni episodio di The Alienist per presentarci il protagonista, il dottor Laszlo Kreizler (Daniel Bruhl), una figura dal background chiaramente europeo che si muove però per le strade di New York con l'abilità dei nativi. Accanto a lui troviamo molto presto John Moore (Luke Evans), illustratore del New York Times, e Sara Howard (Dakota Fanning), prima donna a essere assunta dalla polizia di New York (come segretaria). Insieme, formeranno una squadra di investigatori efficiente ma a sua volta “alienata”. Nel senso che, in un'epoca in cui la scienza forense ancora non era praticata come oggi, i loro metodi verranno visti come poco pratici e liquidati come fandonie. La loro unica liaison con gli ambienti che contano sarà Theodore Roosevelt (Brian Geraghty), futuro presidente USA e commissario della polizia di New York.
 
Dopo aver visto i primi episodi di The Alienist, possiamo dire che gli ingredienti per una serie piacevole ci sono tutti. La ricostruzione storica è eccellente, e si nota come molta cura sia stata spesa nelle scenografie e nei costumi. I green screen abbondano nei campi lunghi, che mostrano una Grande Mela totalmente scomparsa, ma non disturbano e sono di buona fattura per un prodotto televisivo. Anzi, si può dire che la computer graphic permette oggi di ottenere risultati soddisfacenti anche sul piccolo schermo, calandoci come non mai in un passato tanto vicino nel tempo quanto distante in tutto il resto.

 
Il pregio di The Alienist è, inoltre, quello di non essere per nulla politicamente corretta. Si parla di un tema duro come gli infanticidi, mostrando i dettagli delle vittime e non nascondendo i particolari più scabrosi di un'epoca in cui la prostituzione minorile era ancora tollerata. Ma soprattutto non si cerca di riscrivere la storia americana come sempre più spesso tenta di fare Hollywood. I maschi bianchi dominano i salotti e i posti di potere. Le minoranze appartengono alle classi meno abbienti. E le donne faticano a tracciare un percorso indipendente nella società. Tanto è vero che il personaggio della Fanning è visto come un'anomalia. Sia chiaro, i protagonisti sono tutti dotati di uno sguardo aperto e moderno, ma che, grazie alla scrittura di Hossein Amini (Drive, McMafia) e all'interpretazione degli attori (con un'ottima alchimia tra loro), non risulta forzato né eccessivo. C'è la voglia di cambiare le cose, ma si riconosce che sarà un processo lento.
 
Su tutto domina una narrazione molto cinematografica, un accumulo di tensione e inquietudine pronto a esplodere, che avanza con un ritmo adeguato senza giocarsi subito le carte più spettacolari. Un ottimo biglietto da visita per una serie che speriamo possa proseguire oltre la prima stagione.