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La recensione di Red Sparrow, Jennifer Lawrence perde il confronto action con la Theron e la Jolie

L'attrice si toglie i vestiti e picchia duro. Ma risulta legnosa nell'action thriller in arrivo dall'1 marzo

27.02.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane
Le spie al femminile ormai fanno tendenza, rapiscono con la loro sensualità e non hanno nulla da invidiare ai colleghi più blasonati. Il muscolare James Bond si dovrebbe inchinare davanti alla determinazione di Angelina Jolie in Salt, alla furia selvaggia di Scarlett Johansson in Lucy e alle incredibili doti di Charlize Theron in Atomica bionda. Ma in Red Sparrow di “atomica” c’è solo la durata: 140 minuti di doppi, tripli e quadrupli giochi che si rivelano una miscela fatale anche per lo spettatore di bocca buona. E pensare che “l’atomica” nel cinema di una volta era Rita Hayworth, che Gilda aveva consacrato come la star al vertice del pianeta. I suoi capelli fluenti erano rossi, ma il pubblico di allora li vedeva in bianco e nero, le bionde a colori erano di là da venire, Marilyn in testa. E oggi si rivolterebbero nella tomba davanti a un testimone che non è mai stato raccolto.

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Red Sparrow è una spy story morbosa, che cerca di mettere la mercificazione del corpo al centro della narrazione. Il corpo appartiene allo Stato, alla Grande Madre Russia in un clima post Guerra Fredda, che impone alle sue eroine di abbandonare l’inibizione in nome della patria. Povera Charlotte Rampling, costretta ancora una volta a spingere verso la perversione, con i fantasmi de La caduta degli dei e Il portiere di notte che ancora la inseguono. “Le persone che si amano si dicono tutto”, sosteneva una falsa amante in The Good Sheperd – L’ombra del potere di Robert De Niro. Il suo obiettivo era ottenere i piani segreti degli americani per invadere Cuba, poco prima della Baia dei Porci. Ma qui la rilettura della sessualità (che diventa un’esaltazione delle apparenze, la morte del sentimento) è solo un pretesto per rendersi voyeur, per indugiare sulle forme di Jennifer Lawrence che si toglie i vestiti allo scoccare di ogni quarto d’ora. La diva vuole i riflettori, l’attenzione pruriginosa, mentre si esibisce in giochi sadomaso ed evoluzioni strampalate. Joel Edgerton, il suo alter ego al servizio degli USA, sembra in balia degli eventi e neanche lui riesce a capacitarsi di una sceneggiatura sconnessa. 
 
Le ossa si spezzano, il sangue scorre a fiumi e non mancano anche le sfumature gore, che ci proiettano verso un torture porn, il cui unico obiettivo è cercare di mantenere sveglia la platea. Ma non bastano manganelli e anime candide massacrate da brutali aguzzini per salvare un’opera ipertrofica, che poteva essere un’onesta spy story, un’immagine speculare di tanti Kingsman che affollano il grande schermo. 

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Patinato, estetizzante, Red Sparrow non trova un vero fascino, e fa il verso ai classici del passato con un pizzico di umanesimo in stile Le Carrè. Quanto ci manca l’Alec Leamas di La spia che venne dal freddo, che non era una macchina da guerra, ma un comune cittadino più scaltro degli altri. A fare l’agente segreto è stata messa una Jennifer Lawrence inespressiva, ancora imbrigliata nella Katniss Everdeen di Hunger Games.

Red Sparrow, in arrivo nei cinema dall'1 marzo, è distribuito da 20th Century Fox.