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la recensione di Made in Italy, il concept film di Ligabue

Ci son le radici e gli affetti del rocker di Correggio in questo suo nuovo film, sentimentale e personale, forse troppo.

23.01.2018 - Autore: Mattia Pasquini (Nexta)
Sono passati venti anni precisi da Radiofreccia, piacevolissima sorpresa ed esordio notevole del musicista emiliano, che oggi torna alla regia per la terza volta con la versione cinematografica del suo concept album Made in Italy. Un progetto "balordo" lo ha definito Luciano Ligabue, ma è comprensibile che un appassionato di Rock e di cinema come lui non finisse prima o poi col sognare un proprio Hair, o Tommy, per quanto "anacronistico" e "presuntuoso", come lui stesso ammette parlandone. Ma esempi tanto altisonanti non fanno bene al piccolo e sentimentale ritratto della 'Gente comune' del suo Paese, purtroppo meno riuscito del film con cui lo avevamo scoperto.



Un film sul cambiamento, delle persone, non solo dei giovani, come spesso ormai siamo abituati a vedere raccontato, ma anche delle generazioni precedenti, di uomini e donne di mezza età ormai esclusi dal mondo del lavoro. Un film che racconta la disperazione e la depressione, nemmeno troppo tra le righe, ma che forse dà troppo per scontata l'identificazione con i soggetti messi in scena e la conoscenza di quel tessuto sociale, lasciando molte ellissi. Che se da un lato non aiutano a scalfire la superficie, dall'altro evitano ulteriori e ridondanti scivoloni.

Ma il Liga è sempre lui, lo sappiamo: ama gli spiegoni e le massime, la filosofia popolare e il buon senso di grana grossa. Perché chiedergli altro, visto che quel che vuole è solo - dichiaratamente - parlare di quel che conosce. E così eccoci di nuovo a Correggio, di nuovo sulle tracce di uno Stefano Accorsi rocker (mancato?) della Bassa, che ci accoglie in un prologo surreale con una mortadella di otto metri come protagonista! Cliché? Probabilmente. Però raccontati con una certa sincerità. Come in una delle sue migliori canzoni, anche se cinematograficamente non ineccepibile.



Se solo i colpi di scena non si intuissero al primo sguardo (complici anche gli spoiler contenuti nel poster), si riuscisse a prescindere dall'elegia emiliana di matti buoni, trasgressione e pompini, e la retorica campanilistica e neo-nazionalista non emergesse confusa nell'articolato finale, si potrebbe parlare di un'opera più completa e davvero riuscita. Non solo di una 'vacanza romana' come quella della coppia al centro della vicenda: quasi casuale, nata dal ruggir di uno spirto guerrier e foraggiata dalla speranza più che suffragata da effettivi validi motivi. E capace di convincere la 'testa' e non solo di toccare il 'cuore' dei più bendisposti o pronti ad accettare la premessa affettuosa - e l'invito - del regista.


Made in Italy, in sala dal 25 gennaio 2017, è distribuito da Medusa Film.