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Joy - La nostra recensione

Jennifer Lawrence vince la sfida contro il ruolo più difficile della sua carriera, ma il film di David O. Russell zoppica cercando di copiare Scorsese

Joy - La recensione di Film.it

31.01.2016 - Autore: Pierpaolo Festa (Nexta)
Allo scoccare dell'ora di visione di Joy, il piano di "Racing in the Streets" di Bruce Springsteen parte in loop. Non sentiamo mai la voce del Boss, quello che sentiamo invece è il tentativo di David O. Russell di manipolare l'audience distraendola dall'ennesimo tempo morto del suo film, il terzo di fila affidato allo sguardo di Jennifer Lawrence (e Bradley Cooper qui in un piccolo ruolo). 

Un'opera troppo carica di narrazione e spiegazioni in cui il regista butta dentro la scena tutto quello che può. Russell gira come se stesse filmando il suo capolavoro - non è di certo un difetto - ma il contraccolpo si sente nell'eccesso visivo, sonoro e narrativo di questa storia in cui la protagonista insegue il sogno americano e una volta raggiunto viene messa alle corde dagli effetti collaterali del capitalismo. 

Due anni dopo il divertente American Hustle il regista riesce in pieno nella sua opera: copiare il cinema di Scorsese cercando di raccontare questa storia come se fosse ambientata nello stesso universo di Quei bravi ragazzi. La sensazione è che il taccuino di Russell sia stato troppo carico di appunti tutti finiti in maniera forzata nel montaggio finale. Nei due film precedenti si dedicava in primis ai personaggi anche a costo di sacrificare o modificare la trama, qui invece rimane schiavo della narrazione, zoppicando tra i cliché del biopic. La verità è che gli basterebbe una espressione in più di Jennifer Lawrence invece che filmare tre ulteriori pagine di sceneggiatura.
 
Davanti alla macchina da presa la sua musa domina ogni singola scena, ogni singola inquadratura, qui all'apice del suo fascino e a alle prese con quello che a tutti gli effetti è il ruolo più difficile della sua carriera. Quello di una mamma single con tanto di genitori a carico, costretta a reinventarsi e a tirare fuori l'idea vincente. Mantenere il successo comporta un prezzo da pagare, soprattutto in un mondo pieno di serpi, nascoste perfino tra i propri familiari..

La Lawrence mette tutta se stessa nei panni della donna che ha inventato il magic mop (e cioè lo straccio per pulire i pavimenti), personaggio degno di essere ricordato sia fisicamente (il finale con i capelli corti è bellissimo) sia nella forza che tira fuori davanti a ogni ostacolo. Il lavoro straordinario dell'attrice bilancia quello meno convincente del regista e sceneggiatore incatenato alla sua ossessione di raccontare una storia che risuoni come un potente pugno femminista nel nome di tutte le donne che andando contro ogni cosa e ogni suggerimento hanno messo cuore (e palle) e realizzato i loro progetti.
 
Sebbene non manchino momenti molto belli, la sensazione finale è che Russell abbia appena sfiorato la superficie di questo suo obiettivo, allontanandosene piano piano ad ogni pagina di sceneggiatura.
  
Joy è distribuito nei cinema da 20th Century Fox.