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Intervista a Jon Favreau

Parla il regista di Iron Man, colossal da 150 milioni di dollari. Ci ha raccontato di come abbia tenuto a bada l'iperattivo Robert Downey Jr. e di come sia riuscito a fondere action e humour in questo grande film.

Jon Favreau

29.04.2008 - Autore: Pierpaolo Festa
Roma – Quanti di voi ricordano il protagonista di “Swingers”? Questa piccola grande commedia del ‘96 che diventò un cult in tutto il mondo, Italia compresa. Quel ragazzo era Jon Favreau, attore specializzato nelle commedie, passato adesso dietro la macchina da presa. Per il grande schermo ha già diretto, tra gli altri, la commedia “Elf” (2003) e l’avvincente “Zathura” (2005), una specie di Jumanji in versione fantascientifica.

Signor Favreau, ci parli di come avete reso Iron Man un supereroe più umano…

Proprio come nel fumetto, abbiamo puntato tutto sulla coscienza del personaggio di Tony Stark. Le immagini e gli effetti del film dovevano fare una cosa simile alla poesia e al dialogo. Mi piace tantissimo l’immagine di Tony mentre sostituisce il suo cuore. Soprattutto la scena in cui Pepper lo aiuta a farlo. In quel caso abbiamo anche usato gli effetti speciali per raccontare parte di questo cambiamento di coscienza.

Siete riusciti a creare una pellicola dal tono leggero e divertente. Allo stesso tempo Iron Man è un eroe che uccide i cattivi. Come avete fatto a bilanciare humour e violenza?
Nei fumetti, Iron Man non uccide la gente con uno scopo. Non è come Daredevil che è mosso da vendetta. Dipende tutto dalla sua armatura tecnologica e piena d’armi. Una potenza di fuoco tremenda! Una cosa è la violenza mostrata nei film d’azione. Un’altra è quella che vediamo ne “Il padrino” quando i personaggi tagliano le gole. Io ho un bambino di 6 anni e volevo mostrare il film anche a lui. Non si tratta di un eroe violento, specialmente come lo abbiamo reso noi. Non ho voluto inserire parolacce e non c’è alcuna rappresentazione grafica della violenza. Non c’è sangue. Quando muore qualcuno mostriamo un flash o un botto, mai una violenza emotiva.

Ci parli del lavoro sulla sceneggiatura legato alle improvvisazioni sul set di Robert Downey Jr. Che cosa avete cambiato rispetto allo script originale?
Tutto è cambiato. Specialmente i dialoghi e lo humour. Abbiamo cercato di creare percorsi poco prevedibili per un film di questo genere. Al tempo stesso volevamo rispettare tutti i fan del fumetto. E volevamo raccontare questa storia nel modo più interessante e con tanto humour. Robert ha portato tante nuove idee. Il mio lavoro è stato quello di ricordarmi la storia originale, condividendo la sua visione dello script. Dovevo, dunque, limitare le sue idee. Era come condurre una nave: io dovevo mantenere la rotta verso l’orizzonte. Robert, invece, si sporgeva per guardare i pesci!

Ci parli dell’esperienza su un set di un film così grande…
Come regista di una produzione del genere… lo sporco segreto è che non c’è vero lavoro da fare. Tutti quanti lo fanno per te. Avevamo una troupe numerosissima ed io delegavo. L’unica responsabilità del regista è il tono che si vuole mettere in scena. Ogni volta che vedo un film, mi concentro sul tono. Significa vedere il lavoro del regista. Paul Thomas Anderson, ad esempio, mette sempre in scena un tono epico. Con la commedia io sento sempre che sto servendo il pubblico. È proprio come fare da babysitter ad un bambino. Bisogna cercare sempre di tenerlo felice. Se decido di inserire un messaggio e posso farlo mentre diverto il pubblico, allora sento che ce l’ho fatta. Altrimenti il mio lavoro non è stato fatto bene.

Parliamo un attimo di Swingers. Quel ragazzo che chiamava Nikki dozzine di volte al telefono, pensava che sarebbe diventato un regista famoso un giorno?
Per nulla. Dovete addirittura sapere che in quel film la troupe si annoiava. In quella determinata scena sembrava che guardassero tutti l’orario per andare via. Quello che sto imparando è che più realizzo un qualcosa per me, più le persone si divertono. Sono davvero fortunato.

In “Iron Man”, il regista si è ritagliato il piccolo ruolo di Happy Hogan, autista di Tony Stark. Il regista conclude l’intervista dichiarando: “Ho tagliato tutte le mie battute dal film, perché sentivo di non essere bravo nella parte… c’è stato tanto di cui ho dovuto preoccuparmi che non volevo pensare anche alla mia recitazione”.