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Il giustiziere della notte, la recensione del remake fuori tempo massimo con Bruce Willis

L'attore sceglie il momento peggiore per il ritorno del vendicatore interpretato negli anni Settanta da Charles Bronson

07.03.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane
Chicago, metropoli criminale che vive ancora degli anni Venti raccontati a ritmo di musica da Rob Marshall nell’omonimo film. Quello era un musical, un noir, e forse molto di più, mentre Il giustiziere della notte arriva fuori tempo massimo, in un’epoca pericolosa, per tratteggiare un uomo che si sente giuria e carnefice. La versione originale, quella del 1974, era reazionaria, folle, in controtendenza con un cinema che cercava di esaltare le istituzioni. Morto John Wayne, non ci si poteva neanche più fidare dello Stato, e Charles Bronson era l’emblema del cittadino a stelle e strisce pronto a scatenare l’inferno. Un fucile, tanta rabbia e sangue a fiumi. Quarantaquattro anni dopo la musica non cambia. 


 
Gli Stati Uniti incoraggiano la vendita delle armi e giocano ancora a indiani e cowboy. Le stragi nelle scuole, invece di far riflettere sulle pistole alla portata di tutti, aumentano l’odio che serpeggia per il Paese. Il presidente Trump suggerisce di armare gli insegnanti e poi punta il cannone dell’economia verso l’Europa, minacciando nuovi dazi per le importazioni. Violenza (fisica e verbale) che richiama altra violenza. Forse è il momento peggiore per il ritorno del “vendicatore incappucciato”, il “mietitore” come lo chiamano i giornali. Anche perché il regista Eli Roth, il re del torture-porn, cavalca l’onda della pentalogia passata, senza aggiungere nulla. 
 
Non si schiera politicamente e costruisce personaggi manichei, figli di una nuova demagogia che affligge il nostro tempo. Roth sceglie l’estetica della brutalità, l’esplodere della materia grigia, il liquido per i freni che fa urlare di dolore le anime dannate, e si rifiuta di proporre un’allegoria della nostra società. Eppure l’immagine di un chirurgo armato fino ai denti poteva anche essere emblematica. Medico di giorno e boia nelle tenebre, perso tra le gang che affliggono Chicago come se fossimo ne I guerrieri della notte di Walter Hill. Gangs of Chicago, per parafrasare Scorsese, che in un capolavoro come Al di là della vita aveva dipinto la storia di un paramedico incapace di salvare i suoi pazienti. Bruce Willis è il suo opposto: può guarire ogni tipo di ferita, tranne quella della perdita della sua famiglia. 


Incipit in stile Giustizia privata, con un’aggressione e un massacro. Il resto si può facilmente immaginare: Willis replicante di se stesso, inarrestabile, sovrano del ghetto con una mitragliatrice in mano e il sorrisino compiaciuto. Appartiene ancora alla vecchia guardia, alle imprese mirabolanti di Schwarzenegger e Stallone, passando per Van Damme e il motivetto del Last Man Standing. I criminali devono tremare, prepararsi all’urlo di un’America pronta a scatenare il finimondo. I muscoli ipertrofici contano poco, una Glock e tanta fortuna - le pallottole raramente mancano il bersaglio - manderanno tutti al creatore, compresi i buoni propositi e gli aggiornamenti all’epoca dei social media. Tutto è veloce, liquido, e basta uno smartphone per portare ogni segreto agli occhi del popolo della rete. Ma siamo pronti per chiamare eroe un giustiziere della notte?   

Il giustiziere della notte, in uscita l'8 marzo, è distribuito da Eagle Pictures.

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