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I segreti di Wind River, la recensione di un film da non perdere

Dramma, thriller, western crepuscolare, neo-noir. Arriva il film interpretato da Elizabeth Olsen e Jeremy Renner

04.04.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane
Quando si sente nominare la Trilogia della frontiera torna alla mente quella letteraria di Cormac McCarthy. Cavalli selvaggi, Oltre il confine e Città della pianura: tre romanzi per raccontare la crescita e le avventure di due giovani cowboy, che cavalcarono insieme sul confine tra Texas e Messico. Anche lo sceneggiatore Taylor Sheridan, tra i massimi esponenti del cinema americano neoclassico, ha firmato la sua, ma sul grande schermo: Sicario, Hell Or High Water, e adesso I segreti di Wind River, di cui è anche regista. A breve si parlerà di quadrilogia, con l’arrivo di Soldado del nostro Stefano Sollima


 
Sheridan racconta la morte di un mito che una volta guidava i pionieri verso un futuro migliore. Nel suo cinema i cowboy sono tramontati, come anche il sogno americano. Non esiste un avvenire, ognuno deve pensare a se stesso, a nuotare per rimanere a galla e non finire a faccia in giù nella neve. Il bianco invade ogni singolo fotogramma del film. Il freddo dell’abbandono penetra nelle ossa dei protagonisti, nell’anima di una terra che è stata dimenticata. Potrebbe essere un thriller scritto da Tony Hillerman, dove i nativi sono chiamati a difendere la riserva. Non esiste differenza tra indiani e gente del luogo, i white trash spersi sulle montagne del Wyoming. Sono reietti della società, uomini su cui è meglio non puntare. 

Il film si apre con una donna che corre a piedi nudi tra i ghiacci, per poi morire congelata. Silenzio. La Natura non batte ciglio, l’umanità se ne infischia. Serve un uomo di altri tempi per portare la giustizia: non un cavaliere della valle solitaria, ma un vendicatore, spinto dalla stessa disperazione che animava i fratelli criminali di Hell Or High Water. La ragazza che lo aiuta potrebbe essere la Emily Blunt di Sicario, forte nelle avversità ma fragile nel quotidiano. Agitarsi non serve in questo western crepuscolare, figlio della violenza di Peckinpah e delle alture di Anthony Mann. I valori che una volta spronavano John Wayne o James Stewart sono sepolti. I cowboy sono stanchi. Adesso lo chiamano neo-noir, ma sarebbe inutile cercare a tutti i costi un’etichetta per I segreti di Wind River. È la storia di un padre senza figli, di un marito senza moglie, di un patriottismo logoro. La bandiera non sventola più, l’unica certezza è il fucile, l’amico di sempre che non dice mai di no quando deve tuonare contro i cattivi. Intanto i compositori Warren Ellis e Nick Cave intonano la loro ballata, spesso rubando la scena in attesa dell’ultimo duello. 


Forse il film è anche una stoccata all’America di Trump, a quella che lo ha eletto per far sentire la sua voce. Ma niente è cambiato dopo più di un secolo. Con lo straniero non si può convivere e i muri etnici sono più alti di quelli geografici. “A volte stento a riconoscermi quando sono così arrabbiato. Ormai sono un problema per me stesso”, recitava Brad Pitt ne L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford. Purtroppo la vendetta sembra l’ultimo sentimento che può ancora scaldare il cuore.

I segreti di Wind River, in uscita dal 5 aprile, è distribuito da Eagle Pictures e Leone Film Group

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