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I bambini sanno – La nostra recensione

Nonostante la volontà di rompere il regime dell’adultocrazia, il film finisce per smarrirsi in un ritratto idealizzato e stereotipato dell’infanzia

I bambini sanno

23.04.2015 - Autore: Alessia Laudati
Di fili conduttori, programmi e prospettive in qualche modo “mature”, che hanno trasformato la fanciullezza in un momento di recupero dell’innocenza perduta, di una presunta età dell’oro o dello spirito di un paese, è piena la storia del prodotto audiovisivo. Eppure, la possibilità di trovare nel pensiero infantile una sorta di preistoria della civiltà, continua ad attirare come una calamita un folto numero di registi, scrittori e artisti.

A volte però, è proprio questo punto di vista, in qualche modo edulcorato e idealizzato, a non permettere agli adulti di cogliere la complessità di un periodo della vita che non è di certo vissuto, da parte dei protagonisti, in maniera meno violenta e tragica della cosiddetta maturità. E questo in poche parole, è anche il più grande difetto del nuovo film di Walter Veltroni.

In I bambini sanno si parte da una premessa quantomeno lodevole; ovvero la presa di coscienza che siamo immersi in una soffocante adultocrazia. Essa si caratterizza per la ferma convinzione da parte degli adulti, della necessità del mantenimento di una gerarchia tra grandi e piccini, che è in tutti i casi a favore dei primi e che non deve mai essere infranta in nessun territorio conosciuto dal punto di vista culturale ed educativo. Una visione del mondo che, così dipinta, ci traghetta inevitabilmente verso un’idea di futuro privata dell’ascolto delle voci del domani.

Tuttavia, nonostante la dichiarazione ideologica, I bambini sanno è un documento nel quale il regista non riesce mai ad abbandonare, nemmeno parzialmente, il punto di vista sdolcinato e politically correct nei confronti di una realtà percepita sempre e comunque come verginale e semplicistica. E' un vizio di forma condiviso, ma che nel film fa man mano appassire l'autenticità della visione sotto la massa degli stereotipi che gravano oggi sull’infanzia e sui grandi temi del mondo. Mettere insomma un folto numero di bambini di fronte alla telecamera e interrogarli su amore, morte, dio, omosessualità e altri pesi massimi, non sembra essere un lavoro sufficiente a far emergere una voce originale, un momento graffiante o una sintesi efficace del contemporaneo.

Sì perché il "sentiment" che affiora con decisione in quasi due ore di lavoro, nonostante la cura, malgrado la tenerezza usata come chiave di lettura inevitabile nei confronti dei deliziosi protagonisti, è quello di un compito ben eseguito per calcare la mano sul lato lacrimevole delle vicende. Queste ultime, seppur riescono a parlare anche al volto del paese, soprattutto quando trattano temi forti come immigrazione e integrazione, non hanno mai mordente e relegano anche il quadro dell’infanzia, a una soffocante ripetitività. 

I bambini sanno è distribuito nelle sale da BIM.