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Hero

La saga epica dell'eroe senza nome e delle sue avventure attraverso i regni dell'antica Cina ha il sapore e l'impasto dei grandi capolavori di un tempo; dilatato nel ritmo, poderoso nelle immagini, sfarzoso nella ricostruzione scenografica e nei costumi.

Hero

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
Id, Cina, 2003 Di Zhang Yi-Mou; con Jet Li, Tony Leung, Maggie Cheung, Zhang Ziyi.   Dopo l’imprevisto e folgorante successo de “La tigre e il dragone” (Crouching tiger, hidden dragon, 2000) - 120 milioni di dollari d’incasso solo negli Stati Uniti e 4 Oscar vinti - gli stessi produttori provano nuovamente con questo film ad imporre un prodotto appartenente alla tradizione cinematografica orientale di arti marziali, ma allo steso tempo dotato di un ritmo e soprattutto di un senso estetico capaci di conquistare anche le platee occidentali. Questa volta a dirigere l’operazione è stato chiamato Zhang Yi-Mou, l’autore cinese forse più conosciuto, capace di dare un’impronta molto precisa e riconoscibile alla produzione; dotato da sempre di un gusto particolare per il cromatismo interno all’inquadratura, il cineasta ha composto un mosaico visivo di rara potenza, componendo ogni scena secondo un colore dominante che invade e drammatizza l’azione, diventando forse il vero protagonista sulla scena: dal blu al rosso, dal verde al giallo, “Hero” si presenta allo spettatore come una sinfonia cromatica affascinante, resa con maestria dal grande direttore della fotografia Christopher Doyle (quello dei migliori film di Wong Kar-Wai, tanto per intenderci…). Altra caratteristica fondamentale del film di Yi-Mou è quella di cambiare completamente rotta rispetto allo stupendo predecessore diretto da Ang Lee; più che alla leggerezza di tocco ed al ritmo sincopato de “La tigre e il dragone” infatti “Hero” si rifà direttamente alla potenza espressionista ed al rigore formale del grande maestro del cinema orientale, Akira Kurosawa. Sia nelle numerose scene di massa che nella composizione simmetrica dell’inquadratura il referente principale è sempre l’”imperatore giapponese”, per cui ma messa in scena assume una pregnanza ed una resa inusitate, che colpiscono sia nelle scene d’azione che negli intermezzi amorosi dei sempre bravissimi Tony Leung e Maggie Cheung. Insomma, la saga epica dell’eroe senza nome e delle sue avventure attraverso i regni dell’antica Cina ha il sapore e l’impasto dei grandi capolavori di un tempo; dilatato nel ritmo, poderoso nelle immagini, sfarzoso nella ricostruzione scenografica e nei costumi, “Hero” si impone come opera che tiene conto della lezione della tradizione cinematografica orientale e cui appartiene, e la rielabora secondo il gusto e gli stilemi estetici contemporanei. Zhang Yi-Mou in questo senso non avrebbe potuto essere “traghettatore” migliore riguardo una tale operazione, in quanto tutto il suo cinema precedente è stato costruito sulla doppia linea presente/passato, ottenendo i risultati che conosciamo. Ed anche questa sua ultima fatica, interpretata al meglio da tutte le più grandi star del cinema orientale, conferma in pieno il suo talento e la sua capacità di rinnovarsi.  
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