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Ghost in the Shell: la vista da lassù è davvero spettacolare

Recensione - Vola più in superficie il remake del classico animato, ma in molti ne rimarranno soddisfatti. 

30.03.2017 - Autore: Mattia Pasquini (Nexta)
Il rischio di restare delusi dal remake di Ghost in the Shell di Rupert Sanders era forte, e per vari motivi. Per il confronto con il cyber-cult di Mamoru Oshii, per la difficoltà di rendere digeribile ai più un universo insieme futuristico e molto vintage e soprattutto per la terribile memoria della prova di Scarlett Johansson nella apparentemente simile Lucy del 2104… Eppure non saranno molti a uscire insoddisfatti dalla visione di un film tanto fedele e ricco, soprattutto visivamente.



Le suggestioni orientali e gli sfondi di una New Port City 'bladerunneriana' sono i pilastri estetici di questa rilettura del classico del 1989 di Masamune Shirow, un punto di partenza più che un modello cui rifarsi, almeno nelle intenzioni del regista. Che da fan - dichiarato - ha ceduto al fascino della ricostruzione di più di una scena del film precedente, dalla 'nascita' del Maggiore, al suo dialogo in barca con Batou e lo scontro sull'acqua… per non parlare dell'aspetto di molti dei protagonisti principali e, ovviamente, delle geishe robot (sulle quali avevamo già ammirato un interessante dieto le quinte).

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I cambiamenti più sostanziali in questo passaggio da un '2501' generato "dal mare dell'informatica" a un '2571' coscienza sporca della ricerca governativa sono però tematici, filosofici quasi. Con un aumento di didascalismo e una perdita della profondità che in quel momento storico si cercava di infondere a una epica costruita sul concetto di identità e di coscienza (abbondantemente sviluppato negli anni a venire). Nonostante il tentativo di ampliare l'aspetto 'Origins' con interessante seppur prevedibile background familiare, paradossalmente è il personaggio animato che fu a risultare più umano (con ovvie conseguenze di caratterizzazione), forse anche per la scelta di rendere evidente la natura meccanica della protagonista attraverso certe fissità espressive della Johansson.



Un guscio (lo Shell) senz'anima (il Ghost) lo hanno già definito, ma in fondo le licenze prese non disturbano affatto, e anche i fan più esigenti non potranno non apprezzare il lavoro fatto e le rispondenze con il classico tanto amato. Un rischio relativo, dunque, compensato ampiamente dal susseguirsi di sequenze splendidamente coreografate e immagini affascinanti, di uno sviluppo noir lineare e comprensibile e di un finale tarantiniano affidato a un fantastico Takeshi Kitano.

Ghost in the Shell, in sala dal 30 marzo 2017, è distribuito da Universal Pictures