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Game Therapy – La recensione da Roma

Un film che vorrebbe parlare alla generazione dei gamer che seguono su YouTube le gesta di FaviJ, ma che finisce per puntare il dito sulla categoria che dovrebbe esaltare

Game Therapy

23.10.2015 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
“Una co-produzione italo-americana”, recitano i titoli di coda di Game Therapy. Per questo stupisce ancora di più come il risultato finale del cinema americano abbia solo i pregi “tecnici”, ovvero un certo lavoro di qualità su sonoro, fotografia e (alcune) scenografie, e tutti i difetti del peggiore cinema italiano che tenta di scimmiottare maldestramente l'estero: una scrittura inadeguata, una regia piatta ed effetti speciali poco incisivi e quasi del tutto assenti.

Il debutto sul grande schermo dei divi di YouTube FaviJ e Federico Clapis nasce dalla comprensibile voglia di dare voce al cinema a tutta una generazione di ragazzi amanti dei videogiochi, che seguono fedelmente su YouTube gli appuntamenti con i loro miti. E allora appare incomprensibile, innanzitutto, come si sia deciso di appiccicare al film una morale che va esattamente contro al mondo che si vorrebbe glorificare, quello dei gamer: perché, alla fine, Game Therapy dice a chiare lettere, facendo anche scandire il messaggio parola per parola ad alcuni personaggi (perché non si sa mai che lo spettatore più distratto non lo abbia recepito) che “la Real Life è meglio dei videogiochi”, che starsene chiusi in un antro (metaforico o letterale, in questo caso) tutto il giorno a vivere in un mondo di fantasia digitale è sbagliato, mentre uscire, trovarsi una ragazza e iscriversi all'università è senz'altro meglio. È il trionfo della morale adulta (“Trovati un lavoro, trovati una ragazza, sposati e fai figli”) che invece si dovrebbe proprio scardinare in questo film, che è interpretato da due ragazzi che – per lavoro! – giocano ai videogame.



A questo uniamo, come si diceva, una sceneggiatura totalmente inadeguata a rendere appassionante questo universo a chi, come chi scrive, non ha mai avuto la passione per i videogiochi. La premessa di Game Therapy è abbastanza simile a Matrix, a cui si ispira chiaramente in certi passaggi: FaviJ interpreta un genio dei videogame che scopre delle coordinate nascoste all'interno di un gioco programmato da un genio dei videogame misteriosamente scomparso. Le segue e scopre una sorta di base sotterranea in cui trova una console che gli permette di entrare nel multiverso, un mondo virtuale che unisce tutti i più famosi videogiochi. Con l'aiuto del suo migliore amico, tenterà di rubare una chiave che gli permetterebbe di accedere a un livello successivo e diventare una sorta di dio virtuale. Il guaio è che le regole del multiverso sono totalmente confuse e non viene creata una mitologia coerente (come fatto in Matrix, appunto) per spiegare i vari colpi di scena, che nascono dal nulla: Clapis (che entra nel multiverso mentre l'amico resta nel mondo reale a programmare) incontra un ostacolo, FaviJ lo informa che si tratta di, ad esempio, “una prigione dalla quale non potrai mai più uscire”, solo che questa appare dal nulla, non è stata introdotta in precedenza e dunque suona come una scusa, un deus ex machina che non ha alcun peso nella mitologia ma serve solo a dare una spintarella al plot. Si tratta di errori base che ogni sceneggiatore con almeno un po' di esperienza dovrebbe saper evitare. Tutto il film è così: una collezione di siparietti pressappoco slegati l'uno dall'altro. Clapis entra nel multiverso, ne esce per il rotto della cuffia, giura che non tornerà mai più. I due litigano, Clapis torna dalla sua ragazza, litiga con lei, torna da FaviJ e il ciclo si ripete.

L'unica nota positiva è che, dopo Lo chiamavano Jeeg Robot, continuano alla Festa di Roma i segnali di un certo risveglio del cinema italiano, perché, per quanto maldestro, Game Therapy è senza alcun dubbio un film di genere e, oltretutto, per una volta usa celebrità nate dal piccolo schermo (quello del computer, in questo caso) per qualcosa di diverso dalla commedia.



Per il resto, ce n'è davvero abbastanza per chiedersi chi abbia concepito il progetto e cosa avesse in testa, e perché FaviJ e Clapis non si siano mai opposti a questo facile moralismo sulla loro categoria (e forse la risposta sta nella loro giovane età). I due protagonisti sono rappresentati come dei tossici di videogiochi, figli di famiglie allo sbando, obbligati dai genitori a ingurgitare quantità preoccupanti di psicofarmaci. Li vediamo addirittura partecipare a sedute di auto-aiuto come gli alcolisti anonimi. Per sua fortuna, il film sarà visto da un pubblico composto in prevalenza da adolescenti, che si esalteranno a vedere i loro idoli sul grande schermo. Arriverà un giorno in cui si guarderanno indietro e capiranno quanto fosse sbagliato Game Therapy. Ma intanto il film avrà incassato, raggiungendo il suo scopo.

Game Therapy è distribuito da Lucky Red.