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Frankenstein - La nostra recensione

Pretenziosa e grossolana la rilettura aggiornata della creatura di Mary Shelley, gravata di sottotesti e simbolismo

20.03.2016 - Autore: Mattia Pasquini (Nexta)
Genetica ed eutanasia ci accolgono nelle prime scene di questo Frankenstein del britannico Bernard Rose (Candyman, Il violinista del diavolo), del quale non può non apprezzarsi l'intenzione di dare una lettura moderna - eppure fedele e allegorica - del carattere inventato da Mary Shelley nel 1818. Più problematica appare semmai la gestione di questo compito, viste le evidenti difficoltà mostrate del regista nel portarlo a termine in maniera soddisfacente.



L'Adam creato artificialmente dai coniugi Frankenstein - Carrie-Anne Moss e Danny Huston - si trova rapidamente a risolvere i suoi conflitti edipici, a scontrarsi con violenti pubblici ufficiali a cercare riposo in un Eden ritrovato e rigeneratore. Un 'non morto' al quale si risvegliano istinti di sopravvivenza, ma che soprattutto prova fame e sete. E che ancor più incredibilmente inizia a scoprirsi umano, o almeno, senza ammettere una coscienza eccessiva, a mostrare tratti che possiamo identificare come tali.

"Spaventato", "abbandonato", "indifeso", "disgraziato" si definisce l'Essere sullo schermo, in una delle prime accelerazioni del film. L'ostentazione è evidente, in generale, come anche nelle successive scene, volte - tra linciaggi e animalismo - a ribadire l'innocenza della cratura, capace di articolare solo le parole 'mamma', 'amore' e 'mostro'. E qui è il fulcro dell'opera di Rose, nella soggettività e variabilità dei parametri culturali e sociali che definiscono come tale il mostruoso, l'abominio, il diverso



Inneschi che dovrebbero scatenare l'indignazione e le riflessioni (o magari il senso di colpa) dello spettatore medio, fin troppo evidenti, anche in un film dai mezzi limitati e dall'estetica indie. Certo, sulla carta tutto funziona. O funzionerebbe. Stante anche un eccesso di didascalismo sicuramente alla base del concept stesso. La recitazione di Xavier Samuel (The Twilight Saga: Eclipse) è inevitabilmente figlia di queste direttrici, che non fanno altro che colorare l'intero svolgimento rendendolo fastidiosamente verboso e pretenzioso.


Frankenstein, in sala dal 17 marzo, è distribuito da 20th Century Fox