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Eva, la recensione del noir con Isabelle Huppert

Non convince il film di Benoît Jacquot già presentato al Festival di Berlino

04.05.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane
Teatro e cinema, ossessione e desiderio. Il regista Benoît Jacquot si muove sul filo della psicoanalisi, cerca di fare filosofia senza trovare il giusto equilibrio con i suoi protagonisti. Predilige i movimenti di macchina azzardati, e il film sembra non decollare mai.

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Eva potrebbe essere una storia sugli istinti repressi, sull’ambizione che s’infrange contro la mancanza di talento. Ma lo stile patinato e un’estetica portata al limite distruggono le buone intenzioni. Jacquot insegue i simboli, i continui rimandi al lato oscuro della nostra mente. Nella parte iniziale, il giovane Bertrand guarda morire l’anziano scrittore che lo porterà sotto i riflettori. Non fa nulla per aiutarlo, mentre chiude gli occhi nella vasca da bagno. Anni dopo, incontra per la prima volta la bella Eva nella stessa posizione, ma piena di vita. Il richiamo potrebbe essere conturbante, con uno spirito che spazia dal noir al thriller, ma poi l’attenzione maniacale per i dettagli, in questo caso, spegne l’interesse.

Guarda una scena del film: A letto con Isabelle Huppert in clip da Eva

Bertrand, lo sciupafemmine di turno, è sempre bellissimo, senza un capello fuori posto. E la sua femme fatale Eva, tirata a lucido anche mentre dorme, non seduce il pubblico. Il volto è quello di Isabelle Huppert, che questa volta è tutt’altro che indimenticabile. Pochi scossoni e colpi di scena prevedibili trascinano la vicenda verso un finale sottotono, che si può facilmente intuire. Ma forse l’errore imperdonabile di Jacquot è quello di voler fare il verso a Eva del 1962 di Joseph Losey, ispirandosi all’omonimo romanzo della Serie Noire, targato 1946, di James Hadley Chase. All’epoca il film fu stroncato dalla maggior parte dei critici, e oggi meriterebbe maggiore considerazione. L’escort di alto borgo era interpretata da Jeanne Moreau, affascinante e “mangiauomini” allo stesso tempo. Era un’irresistibile dark lady, ben lontana dalla recitazione senz’anima di Isabelle Huppert, regina del cinema d’autore d’Oltralpe. 
 
Quello era un noir suggestivo, intrigante fin dalle prime sequenze, e con una cura particolare per l’immagine. Qui il formato è televisivo, forse più adatto al mondo della pubblicità che al grande schermo. I rallenty sono manieristici, con il solo obiettivo di compiacere chi sta dietro la macchina da presa. Jacquot vorrebbe far dimenticare l’originale, come aveva già fatto in Journal d’une femme de chambre (tratto dal libro di Octave Mirbeau, e portato al cinema prima da Jean Renoir e poi da Luis Buñuel). Si misura con i maestri strizzando l’occhio agli spettatori, raccontando la donna in modo glaciale.



Non c’è nessuna empatia: il regista è un narratore freddo, distaccato, che fa l’intellettuale e non si cura del livello della sceneggiatura. Eva ha gli stessi problemi di Les Ailes se la colombe, Les adieux à la reine, 3 Coeurs e À jamais. Sempre uguale a se stesso, Jacquot non si rinnova, e si perde nei meandri di ambizioni più grandi di lui. Forse, chi lo sa, le future generazioni lo rivaluteranno.

Eva è distribuito nei cinema da Teodora Film.
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