NOTIZIE

Chic! - La nostra recensione

Rom-com d’Oltralpe sullo sfondo della differenza di classe: si ride ma l'abbondanza di stereotipi finisce per canalizzare la buona dose di umorismo in una galleria un po' stanca di tipi umani e cliché

Chic! 

Chic! 

09.04.2015 - Autore: Alessia Laudati
Una commedia sentimentale ambientata tra il mondo della moda e l'idillio bucolico della campagna francese, le cui dinamiche scaturiscono principalmente da uno dei temi cari alla cinematografia gallica contemporanea: il divario di classe come motore dell’azione, sia esso di caratterizzazione drammatica, romantica oppure melò. Anche nel caso di Chic!, che apre a Roma la rassegna Rendez Vous dedicata all’esplorazione del cinema francese moderno, l’incontro tra l’universo eccentrico dell’atelier Ricosi e quello di una realtà contadina e decentrata, che cammina non a passo di estro ma di concretezza, dà vita a una serie di situazioni paradossali e comiche che sfociano nella classica rom-com. 
 
A incarnare due universi molto distanti, che prendono vita con una serie di battute fulminanti, mai urlate, sempre esercitate nel canale di una freddezza espressiva, nevrotica e divertente, sono Fanny Ardant, nel ruolo della designer Alicia Ricosi, Eric Elmosnino, il paesaggista proletario venuto dalla campagna che farà saltare con la propria estraneità alle regole atipiche del mondo della moda ogni barriera sociale, e infine il trait d’union tra le due diverse visioni dell’esistenza, incarnato dall’ironico personaggio dell’attrice Marina Hands. 
 
A prima vista si tratterebbe di un tema, quello della differenza di classe e ambienti, che il cinema francese ha già trattato con successo in alcune delle pellicole che sono state viste anche in Italia. Dalla sfumatura drammatica di Quasi Amici, a quella più fortemente comica di Il Mio Migliore Incubo, questo tipo di storie dimostra un trend comunque positivo del settore francofono. Ovvero la presa di coscienza che una società multi-fattoriale e multi-etnica come quella moderna, non possa rimanere nascosta tra le piaghe dell’autocensura ma debba necessariamente essere raccontata evitando l’asfissia di caratteri sempre orizzontali piuttosto che trasversali. Malgrado ciò, non tutte le pellicole si salvano dalla stanca riproduzione dei cliché e dalla polarizzazione di atteggiamenti già visti, che se da un lato sono sempre capace di far sorridere, infine non aggiungono in molti casi molte suggestioni innovative al ritratto sociologico. E nel buon film di Jérôme Cornuau, nonostante le interpretazioni magistrali della stessa Ardant e di Marina Hands, alla quale spetta il ruolo di maggiore cambiamento dell’intero film, essi finiscono per essere evidenti e numerosi aldilà di ogni ottima premessa. 
 
FILM E PERSONE