NOTIZIE

Disincanto, la recensione della nuova serie Netflix dal papà dei Simpson

Matt Groening torna con una serie fantasy che strappa qualche risata, ma forse avrebbe potuto osare di più

Disincanto

13.08.2018 - Autore: Marco Triolo
Non poteva che esserci grande attesa intorno a Disincanto, la nuova serie del papà dei Simpson, Matt Groening, sviluppata oltretutto per Netflix. Dopo il presente dei Simpson e il futuro di Futurama, Groening sposta lo sguardo sul passato, raccontando una storia fantasy di ambientazione medievale piena di cavalieri, principesse (non in pericolo, o per lo meno non per colpa di altri), streghe, re e regine, incantesimi e creature mitologiche. 
 
La firma dell'autore è inconfondibile: il mondo di Disincanto, pur facendo riferimento al fantasy invece che alla fantascienza, assomiglia molto a quello di Futurama. È popolato di personaggi cinici che, nonostante ciò, non rifuggono l'amicizia e compiono buone azioni più per caso che per scelta. Cerca sempre il ribaltamento degli schieramenti, con personaggi apertamente egoisti e malvagi (il demone Luci, ad esempio) che finiscono per essere i buoni. Ma soprattutto, tolti gli orpelli narrativi, è un mondo che assomiglia molto più al nostro presente che al passato.

 
Chi ama l'ironia auto-consapevole di Groening, i continui riferimenti all'attualità filtrati attraverso un'ottica surreale e fantastica, amerà diverse cose di questa nuova serie. A tratti si ride davvero molto e in poche puntate (ne abbiamo viste sei su dieci), Groening e la sua squadra di autori (tra cui il veterano dei Simpson Josh Weinstein) definiscono alla perfezione i caratteri dei personaggi e i loro rapporti. 
 
Al centro c'è il canonico trio freudiano della narrativa: la principessa ribelle Bean (l'ego) è affiancata dal diavolo tentatore Luci (l'id) e dall'elfo Elfo (il superego), che le fa da coscienza. È un modello certamente non nuovo, ma che viene usato con intelligenza per ribaltare gli stereotipi della fiaba classica. La principessa che troviamo qui non ha certo bisogno di un uomo per definire se stessa, e affronta di persona le minacce al suo regno, che spesso e volentieri si fanno strada proprio grazie ai suoi errori e capricci.
 
La struttura di Disincanto è in linea con la serializzazione moderna. A differenza dei Simpson, gli episodi qui sono tutti concatenati e lo status quo non torna identico a se stesso al termine di ogni puntata. Accadeva anche in Futurama, ma qui la scelta è ancora più pronunciata.

 
Disincanto è dunque una serie piacevole, ma forse il problema è che ci si poteva aspettare un po' di più da Matt Groening. Netflix ci ha abituati a serie animate piuttosto esplicite e adulte e, per quanto certamente Disincanto ricada almeno in parte in questa tendenza, non c'è poi così grande differenza rispetto a quello che la Fox concedeva a Groening in chiaro. Sembra mancare la spinta a innovare che avevano sia I Simpson che Futurama. C'è un po' tutto quello che ci si aspetta, si ride più volte, l'animazione è di ottimo livello. Ma forse manca la scintilla di iconoclastia punk che ha sempre caratterizzato le opere di Groening, qui presente più come maniera che come attitudine.
 
Comunque il livello migliora nel corso degli episodi e, se la scrittura di Groening, Weinstein e soci troverà il proprio ritmo, Disincanto potrebbe cominciare a brillare davvero. Lo speriamo e, nel frattempo, attendiamo godendoci questi pur buoni episodi.
FILM E PERSONE