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Diana – La nostra recensione

Manipolatorio, ma non catastrofico. Il biopic di Lady D salvato da Naomi Watts

02.10.2013 - Autore: Pierpaolo Festa
Lontano dalla arguzia di The Queen, molto più vicino a The Iron Lady, Diana è un biopic messo in scena con un tono da soap opera. La vita dell'amata principessa del Galles analizzata attraverso la sua dimensione sentimental-sessuale. Alcune emozioni sono anche in grado di coinvolgere, molte altre si rivelano scadenti. Eppure il regista Oliver Hirschbiegel cerca di tenere tutto insieme, allo scopo di raccontare "la persona dentro la donna più potente del mondo". Il suo cuore e la sua vulnerabilità celata sotto quell'armatura a prova di qualsiasi flash.



Siamo entrati in sala aspettandoci l'apocalisse. Non c'è stata. Perché Diana a tratti coinvolge, a tratti fa sorridere. Non mancano di certo colossali scivoloni in sceneggiatura – gran parte di questi riservati nella caratterizzazione del fidanzato segreto, il dottore pakistano interpretato da Naveen Andrews. Si assiste comunque all'opera di un regista che ha una teoria e che fa di tutto per portarla coerentemente a termine, cercando spunti interessanti come la combattività di una donna nella sua sfera intima. Quel suo compiere un'azione quando in realtà lo scopo è l'esatto opposto. Qualcosa in cui – secondo quanto mostrato nel film – Diana eccelleva. Curioso il fatto che si tratti dello stesso regista de La caduta: da Hitler a Lady D, entrambi umanizzati, entrambi interpretati da ottimi attori in grado di salvare pellicole mediocri.  

Non mancano le sorprese. Hirschbiegel apre il film quasi come se fosse un horror, focalizzandosi su una presenza che aleggia nella camera d'albergo della principessa, a poche ore dalla sua morte. E' una sequenza interessante e allo stesso tempo quella che non ci aspetterebbe in un biopic standard. Al regista non interessa un'esplorazione dei fatti piatta e didattica, Hirschbiegel gioca il tutto e per tutto nel tentativo di regalare un'identità al suo film. La scelta comporta dei rischi, in questo caso l'avventurarsi tra narrazione e patetismo.



A rimettere in piedi il film ci pensa Naomi Watts. L'attrice si prende cura di ogni eventuale cedimento o esagerazione della messa in scena: la sua espressività, le sue emozioni trapelano oltre lo schermo. Quella della protagonista è una performance sofferta e allo stesso tempo entusiasta. La Watts ci crede e non si azzarda nemmeno per un momento ad abbandonare la sua Diana. Ce la ricorda in pieno quando la vediamo passare davanti a un'orda di fotografi: li affronta a testa alta e, una volta al riparo, lentamente ci rivela la sua vulnerabilità.

Diana è distribuito dalla Bim.

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