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Cobain: Montage of Heck - La nostra recensione

Il primo biopic ufficialmente autorizzato dalla famiglia del musicista, è un viscerale e coinvolgente documento sulla vita di Kurt Cobain

Kurt Cobain - Montage of Heck

Kurt Cobain - Montage of Heck

27.04.2015 - Autore: Alessia Laudati
C’è un atteggiamento diffuso che sembra legare spesso i fan ai propri idoli musicali, cinematografici oppure letterari: la rivendicazione di una paternità, o di un rapporto speciale, che sembra escludere a priori tutti gli altri partecipanti alla relazione d’acciaio con la star di turno.

Ecco, questo tipo di affezione da parte del pubblico, troverà in Montage of Heck l’opportuno materiale per nutrire le proprie fantasie solitarie. Perché il docu-film diretto da Brett Morgen sulla vita di Kurt Cobain, risponde con efficacia e personalità al desiderio cannibale di milioni di spettatori di possedere almeno un pezzo che sia in qualche modo intimo e originale del proprio mito musicale. Infatti il documentario realizzato in collaborazione con HBO, riesce nell’arduo compito di mostrare un ritratto inedito della rockstar, a vent’anni dalla sua morte, ripercorrendo l’esistenza di un angelo troppo fragile per le difficoltà della vita, che ha però vissuto solo ventisette anni di successi, dolori e tanti turbamenti. Merito dell’impresa, perché forse è giusto classificarla secondo tale categoria visto il tempo necessario alla gestazione, circa otto anni, si deve alla possibilità concessa dalla famiglia dell’icona del rock e per la prima volta nella storia, di attingere senza limiti all’archivio personale del musicista.

E la complessità della mole di documenti, immagini e testimonianze, prodotte dal leader dei Nirvana negli anni dell’adolescenza e della prima età adulta, è qui riassunta con originale estro creativo. Ed è secondo uno stile registico poliedrico e multimediale, che utilizza diversi canali immaginifici per raccontare la forza creativa di Cobain, ma anche la sua sofferenza, costante, profonda, intricata, che riesce a far scandagliare allo spettatore la difficile esperienza dell’essere Cobain. Sullo schermo infatti, tutto ciò che è stato prodotto dal musicista in termini espressivi e creativi, rivive con potenza. Dalle parole contenute nei diari segreti, ai disegni, alle registrazioni audio, fino ad arrivare ai brani inediti composti dal cantante. E questi spezzoni, sarebbe meglio parlare però di schegge taglienti, vista l’intensità della loro mole, si intersecano ai documenti già ciancicati dalla comunità musicale, come i video delle performance dei Nirvana, e creano un racconto biografico che non è mai ordinario, lineare e soprattutto prevedibile.

É forse questo l’omaggio più esatto che si poteva pagare all’eredità di un genio musicale, ma soprattutto di un essere perso, che ha trovato, seppur per breve tempo, consolazione e sostegno nella scrittura delle proprie liriche tormentate e nella durezza della musica grunge.