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Barbarella cinquant'anni dopo, perché rivedere il film con Jane Fonda

Tratto da un fumetto di Jean-Claude Forest, il film a suo modo ha fatto tendenza. Anche se all'uscita in sala l'accoglienza non fu delle migliori

Fonda

08.10.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane
Figli del Sessantotto. Forse il film che meglio fotografa quegli anni, in Italia, è I pugni in tasca di Marco Bellocchio. La famiglia diventa il teatro del rifiuto di ogni regola, di ogni retaggio. La borghesia implode, i figli uccidono i padri, ballano sulle ceneri delle tradizioni. E’ la rottura con il passato, con le repressioni di ogni tipo. Violenza, disperazione, ribellione: salta qualsiasi canone.

Invece, seguendo una corrente più “americana”, il ’68 è stato anche il periodo del peace and love, degli hippy, delle droghe e dell’amore libero. Per farla breve: Barbarella, la fantascienza senza pensieri che parla un'altra lingua. Quest’avventura è una produzione franco-italiana, e nasce negli studi di Dino De Laurentiis sulla via Pontina, a Roma. Vi compare anche Ugo Tognazzi, nella parte di un cacciatore che vive in mezzo ai ghiacci su un pianeta lontano. Petto villoso, spirito da vero macho, riesce a sedurre la bella protagonista, una giovane Jane Fonda. Destò sorpresa quell’apparizione del grande attore in un ruolo del tutto anomalo. In realtà era lo “scioglimento” di un contratto per un’opera di tutt’altra natura, il mitico film “mai nato” di Federico Fellini, che si sarebbe dovuto chiamare Il viaggio di G. Mastorna, ma non venne mai alla luce. 



Barbarella è costruito sul corpo dell’attrice, sulle sue forme. E’ snella, agile, e si adegua all’innocenza molto seducente che sfoggiava nel fumetto omonimo. Dove tutti la desiderano, e lei è disponibile, vuole solo divertirsi. I vestitini succinti la coprono a malapena, il regista Roger Vadim (all’epoca anche marito della protagonista) la mette in mostra, senza mai superare il limite. Giochi di ombre, di profili secondo la regola del vedo e non vedo. A modo suo, avrebbe lanciato una moda, targata Paco Rabanne, che si occupò dei costumi.

La sequenza iniziale è passata alla storia: uno spogliarello completo, oltre le leggi della gravità. I titoli di testa coprono adeguatamente, e lei si esibisce in varie evoluzioni, riceve una telefonata dal presidente della Terra e parte per una nuova missione. È una wonder woman alla ricerca del piacere, immersa in un universo erotico e colorato. Fuma “essenza di uomo”, sperimenta, vuole sentirsi libera, e fa l’amore anche con gli angeli.



L’obiettivo è ristabilire la pace, far cessare le guerre e abbandonarsi alle fantasie, in pieno stile “figli dei fiori”. Il cattivone di turno la tortura con la musica rock (suonata al pianoforte), e lei, invece di morire, raggiunge l’orgasmo. Niente male come allegoria di una totale frattura con i decenni precedenti. La fantascienza ancora una volta usava il presente proiettandolo verso il futuro. È quasi sorprendente che Barbarella compia cinquant’anni. Mezzo secolo dopo mantiene la sua carica ironica, oltre che erotica, e forse è più apprezzabile oggi di una volta. Perchè alla all'uscita fu un insuccesso clamoroso di pubblico e critica. Anche se in molti si ispirarono al suo stile giocoso. 

I Duran Duran scelsero di chiamarsi così riferendosi al nome del vilain (Durand Durand). E Jane Fonda ottenne la celebrità. Il copione nasceva da un comic del 1962 creato da Jean-Claude Forest, che si era ispirato a Brigitte Bardot (prima moglie di Roger Vadim). Fonda fu scelta dopo il rifiuto di Sophia Loren (era incinta). Dopo sarebbero arrivati i trionfi (Una squillo per l'ispettore Klute, Non si uccidono così anche i cavalli?), ma l’espressione estatica di Barbarella lei non l’ha mai perduta.