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Westworld – La recensione del finale di stagione che ci lascia col fiato sospeso

SPOILER. La serie di Jonathan Nolan e Lisa Joy si conclude con un episodio che è allo stesso tempo un cliffhanger e una pietra tombale

Westworld

05.12.2016 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
ATTENZIONE: SPOILER SUL FINALE DI WESTWORLD!

I nodi sono venuti completamente al pettine nell'episodio 10 di Westworld, con un finale a sorpresa capace di essere allo stesso tempo un cliffhanger e una pietra tombale sul progetto. Una scelta sensata, che permette alla HBO di approvare una seconda stagione con un cast quasi totalmente rinnovato.

Togliamoci subito il pensiero: chiunque si fosse aspettato una replica del finale de Il mondo dei robot, con la ribellione delle macchine contro i visitatori umani, è rimasto in parte deluso. Perché a Jonathan Nolan e Lisa Joy non interessava tanto raccontare quello, quanto esplorare i confini dell'auto-consapevolezza, alla ricerca di ciò che ci rende umani. Un compito svolto egregiamente: svariati sono stati infatti i colpi di scena che hanno costantemente ridefinito il rapporto tra libero arbitrio e predestinazione/programmazione. Nel finale, Maeve (Thandie Newton) ha quasi raggiunto lo scopo che si era prefissata, quello di fuggire verso il mondo esterno, eppure si è scoperto che “qualcuno” l'aveva programmata per ribellarsi e scappare.



Quel qualcuno è molto probabilmente lo stesso Ford (Anthony Hopkins), le cui motivazioni si sono rivelate l'opposto del previsto. Nolan e Joy ci avevano fatto credere che il suo scopo fosse mantenere l'assoluto controllo del parco e delle sue creazioni e che questa indole a giocare a fare Dio lo avesse contrapposto al suo storico socio Arnold (Jeffrey Wright). Sicuramente Ford amava la sua onnipotenza, ma voleva anche portare a termine ciò che Arnold aveva iniziato, ovvero permettere ai robot di raggiungere la coscienza di sé. Se mai i due erano in disaccordo sul tempo necessario perché questo avvenisse: Arnold avrebbe voluto liberare subito le loro creazioni, impedendo l'apertura del parco. Ford, al contrario, pensava che il processo per diventare auto-coscienti avrebbe richiesto molto più tempo, e sofferenze. Eloquente il suo “Buona fortuna”, augurato a Bernard poco prima di farsi giustiziare dalla stessa Dolores (Evan Rachel Wood).

E a proposito di Dolores. La previsione fatta da molti spettatori è stata confermata quando l'Uomo in Nero (Ed Harris) si è rivelato essere lo stesso William (Jimmi Simpson) da vecchio. Ma c'è di più: William è anche diventato proprietario della maggioranza delle azioni di Westworld. L'uomo intendeva servirsi di Dolores per raggiungere il centro del labirinto, ma quest'ultimo si è rivelato non un luogo fisico, quanto mentale: un viaggio all'interno di se stessi per raggiungere l'auto-coscienza. Dunque non destinato agli umani, ma ai robot. A sorprendere, anche in questo caso, è stato il disvelamento del vero scopo di William: liberare gli automi dai limiti imposti dai loro creatori, per rendere il gioco potenzialmente mortale e dunque più interessante. Nei secondi finali, quando gli autori ci hanno lasciato intravvedere una potenziale rivolta che potrebbe, dunque, aprire la seconda stagione, il sorriso di William nel vedere i robot avanzare è stato un momento di riscatto fortissimo per quello che avevamo percepito, insieme a Ford, come il cattivo della serie. Un ribaltamento davvero stupefacente e ben congegnato.

Un grandissimo colpo di scena è stata anche la rivelazione dell'esistenza di un altro parco - con le iniziali SW, molto probabilmente Samurai World - incentrato sul Giappone medievale. Nel film originale il parco era diviso in tre, tra Westworld, Medieval World e Roman World. Sembra che la cosa si ripeterà qui, ma l'idea geniale è stata quella di mantenere la narrazione strettamente dentro il solo Westworld, senza menzionare l'estensione del parco di divertimenti. Questo apre una serie di nuovi mondi da esplorare nella seconda stagione.



Tutto sommato, questa prima stagione di Westworld convince. Il finale ha rimediato parzialmente all'unico vero passo falso, il colpo di scena dello scorso episodio, in cui si è scoperto che Bernard era una copia di Arnold. Davvero difficile pensare che nessuno dei dipendenti del parco avesse mai visto il co-fondatore per lo meno in una vecchia foto. Ma si è trattato, in fondo, di un piccolo glitch in un'opera ambiziosa e ben più profonda e inquietante del film originale di Michael Crichton. Speriamo che la seconda stagione riesca a mantenere alto il livello, nonostante molti dei trucchi narrativi di questa prima stagione – tra cui le linee temporali parallele – non possano essere replicate con successo una seconda volta.