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Stasera in TV, 19 giugno: il Bronson di Refn e Tom Hardy, violento e poetico

Un film da recuperare a tutti i costi quello del regista danese, noto ai più per titoli ormai celebri, ma diventato grande grazie a gioielli come questo.

19.06.2016 - Autore: Mattia Pasquini (Nexta)
Oggi per tutti Nicolas Winding Refn è il regista di Drive, o degli incomprensibili Only God Survive e The Neon Demon (con cui l'abbiamo incontrato all'ultimo Festival di Cannes), ma il regista danese dopo la trilogía di Pusher e l'indescrivibile Valhalla Rising ci aveva raccontato la storia di Bronson, condannato all'ergastolo senza mai aver ucciso nessuno. Un personaggio unico, e ricco di arte, al quale diede corpo un incredibile Tom Hardy.

Il film. Michael Gordon Peterson, è un cittadino britannico nato nel 1952. Rinominato Charles Bronson, come l'attore americano, per la sua attitudine alla violenza, ha trascorso quasi interamente gli ultimi 37 anni in prigione, dove ha preso spesso in ostaggio guardie e altri prigionieri in azioni spettacolari e sconsiderate. Arrestato per rapina a mano armata, la sua passione è però lo scontro fisico, tanto che rende un inferno la vita dei secondini che devono sorvegliarlo.



Dietro le quinte. Per quanto a Refn fosse proibito incontrare il vero Bronson  (perché non britannico),  Tom Hardy riuscì a frequentarlo. Al punto da stringerci amicizia. Il detenuto fu impressionato dalla capacità Dell'attore di aumentare di peso (quasi 20 chili, ottenuti facendo 2500 flessioni al giorno per cinque settimane)  e cambiare la sua voce per imitarlo. Arrivò a tagliarsi i baffi e a inviarglieli perché potesse usarli per il trucco, convinto che solo Hardy avrebbe potuto impersonarlo (per quanto inizialmente si fosse pensato a Jason Statham).

Perché vederlo. "Follia totale al suo meglio", come da definizione dello stesso Bronson (nella citazione da lui 'regalata' al regista per il film in una delle loro telefonate, e da questi inserita nello script). Ma anche genio, teatro e filosofia - per quanto surreale e assoluta - nella rappresentazione data da un Refn particolarmente ispirato di un personaggio unico e magnetico, pur nella sua 'ultra-violenza'. Un personaggio con il quale Hardy ha scoperto di avere più di un legame, considerato che proprio il vero Charles Bronson, quando fu trasferito nella Prigione di Parkhurst nel 1976, fece amicizia con i gemelli Kray, interpretati proprio dall'attore nel recente Legend (2015).



La scena da antologia. "Il mio nome è Charles Bronson e per tutta la vita ho cercato di diventare famoso", così il protagonista si confessa davanti a un teatro vuoto e inizia il racconto della sua ricerca, di una vocazione. Ma il succedersi di tappe che il film ci offre lascia l'imbarazzo della scelta, anche solo dal punto di vista visivo. La teatralizzazione della violenza assume qui d'altronde un significato particolare. E tra giochi di ruolo, personaggi, esplosioni imprevedibili, stravolgimento di canoni e norme, nella sequela di violenza e sangue spesso accompagnata da musiche (tipico del regista danese) o espressioni totalmente in disaccordo - in una affascinante continua distonia - spicca sicuramente la 'non danza' nell'ospedale psichiatrico sulle note di 'It's a Sin' dei Pet Shop Boys.

I premi. Tra i primi riconoscimenti importanti per Tom Hardy ci fu proprio il British Independent Film Award vinto come Miglior Attore per Bronson (oltre a varie altre nomination,  come quella dell'Indiewire Critics' Poll e del London Critics Circle). Poca fortuna - alla sua uscita  -  per il film, anche se Real venne molto apprezzato al Sundance e vinse il premio del Sydney Film Festival 2009 e il Chlotrudis Award come "Buried Treasure" (tesoro nascosto).

Dove e quando. Alle 23:15 su Rai Movie, canale 24 del digitale terrestre e 14 della piattaforma satellitare TivùSat.